di Nicolò Scialfa
Tragedia in versi e prosa in cinque atti di William Shakespeare. Composta e rappresentata tra il 1599 e il 1601.
Elsinore. Ronda notturna. Fantasma del re appena defunto. Claudio uccide il fratello, diviene re di Danimarca e sposa la vedova Gertrude, madre di Amleto. Fortebraccio di Norvegia prepara la guerra. Amleto ipocondriaco, Ofelia triste. Rosencrantz e Guildenstern amici di Amleto e portatori di sventura. Tragedia in scena. Amleto e la madre… rimproveri aspri del figlio ma il fantasma paterno impone di non infierire sulla sventurata (psicanalisti a nozze). Ofelia impazzisce e muore suicida nell’acqua (destinata all’oblio perenne e qui si sbizzarriscono le femministe nel novecento). Fioretti avvelenati, duelli, veleno nelle coppe. Muoiono tutti. Alla fine della maionese impazzita l’unico vincitore è Fortebraccio. Dubbio e ambiguità, essere ed apparire, pensiero e azione, vendetta privata e analisi delle motivazioni umane. Legittimazione del potere, incesto, suicidio, lealtà, tradimento, gelosia, odio… c’è tutto. Talmente alto e importante che se ne impadroniscono tutti, da Goethe a Schiller, sino a Nietzsche “L’uomo dionisiaco assomiglia ad Amleto: entrambi hanno gettato una volta uno sguardo nell’essenza delle cose, hanno conosciuto e provano nausea di fronte all’agire; giacché la loro azione non può mutare nulla nell’essenza eterna delle cose […] La conoscenza uccide l’azione, per agire occorre essere avvolti nell’illusione”. E poi Eliot e Joyce. E fin qui i grossi calibri. Purtroppo a volte si intercettano interpretazioni filosofiche di scarso conio su essere e non essere e sul relativismo. Si diffida da commenti di questo genere. Siamo di fronte a qualcosa di talmente grande che ogni approccio esige decenza. Lasciamo spazio ai giganti: Montaigne va bene, meno bene Freud e Lacan e in genere le interpretazioni psicoanalitiche spesso grottesche, male Bene, molto male. Messa in scena di alto valore con Stanislavskij nel 1911. Ser John Guelgud a New York resta in cartellone per 132 repliche e ottiene il titolo di miglior Principe di Danimarca. Abbiamo persino Vivien Leigh (Rossella O’Hara) nel ruolo di Ofelia nel castello di Elsinore assieme a Laurence Olivier, altro bravo principino. E poi Richard Burton, John Voigt, William Hurt, Kevin Kline tra gli altri dubbiosi. Tra i più recenti Ralph Fiennes e Daniel Day-Lewis, Benedict Cumberbatch e Tom Hiddleston. Inumerevoli trasposizioni cinematografiche; tra le recenti valga per tutte quella di Branagh. Fermiamoci qui e chiediamo scusa al Bardo. Non ne parleremo più.
Iconografia: Eugène Delacroix, “Hamlet et Oratio au cimetière”, 1839, Parigi, Louvre; Shakespeare nel Ritratto di Chandos.