La tragedia di chi non possiede nulla, non un tetto sulla testa, non una famiglia o una comunità accogliente, non sufficienti mezzi di sostentamento. La vita del “clochard”, sempre appesa al sottile filo del caso, specie di questi tempi, caratterizzati da avversione istituzionale e sociale nei confronti di chi è diverso. Scene che la gente di buona volontà si illudeva appartenessero ai tempi oscuri da cui vogliamo allontanarci – e che ricordiamo nelle Giornate della Memoria – si ripetono oggi davanti ai nostri occhi, autorizzate da nuove leggi che riecheggiano i contenuti di quelle che distinguevano i diritti umani – e il diritto stesso alla vita – secondo concetti di razza, di credo, di sanità fisica e mentale, ma anche di condizione sociale. Dalla discriminazione alla rabbia, dalla rabbia alla violenza, il passaggio spesso avviene con la rapidità di un fulmine nella mente e nella coscienza di chi ritiene di far parte di una supremazia turbata da un mondo di povertà che viene percepita come causa di insicurezza e degrado. Crudi, potenti e indimenticabili i versi della poesia “Vulnerabile” di Roberto Marzano, che inducono a riflettere sulla fragilità dell’esistenza di chi vive povertà ed esclusione in una società che non riesce a liberarsi dall’odio.
Vulnerabile
di Roberto Marzano
Son vulnerabile alle mazze da baseball
fracassatemi in testa da mani codarde
alle urla indigeste mentre sgorga copioso
un rigagnolo caldo che mi colma già gli occhi
sotto i portici sozzi e ingombri di carta
“copie omaggio” declassate a plaid invernale…
Son vulnerabile, un bersaglio evidente
molto agevole a inquadrarsi nel mirino di chi
ha bisogno di perdersi nella violenza selvaggia
energumeni ottusi accaniti sul mio relitto di ossa
alla deriva nel traffico cicaleggiante di clacson…
Incisione di Rembrandt