Il 27 luglio 1835 nasce a Valdicastello Giosuè Carducci. Lo ricordiamo con un’ode, splendida e ancora oggetto di diatribe sull’attribuzione fra critici letterari. Ma come si fa a non riconoscere la voce inconfondibile del poeta?
Sulla piazza di Castell’Arquato
di Giosuè Carducci
Poesia in onore del caro amico Luigi Illica
Accigliate, solenni, solcata di rughe la fronte
Sulla balza scoscesa, le atletiche forme superbe
S’ergon silenziose guardando da secoli a valle.
Ma nelle notti chiare, mentre sovr’esse dilaga
Trasparente, dall’alto, un’algida luce di luna
Che con mute carezze di morbidi raggi le palpa
E riverberi strani produce di luci e penombre.
I tre colossi fremono, nei torbidi occhi assonnati
Brilla un lampo di vita, e un dialogo grave, sommesso,
Incomincian tra loro; ricordano i forti vecchioni
Delle storie lontane, vicende ora tristi ora liete,
Cavalcate fastose di duchi, di dame e guerrieri;
E la caccia e i banchetti sonanti di riso e di festa,
E gli assalti notturni, le mischie furiose, gli assedi,
Le vendette, le stragi, gli odi profondi e feroci.
Così fra la basilica, il vecchio palazzo e la Rocca
Ripassa mormorando quell’eco dei secoli spenti.
E l’artista che sogna davanti a quel quadro divino
Sente giù in fondo al core, si forte tumulto d’affetti
Che l’anima ne trema e gli occhi si velan di pianto.
Il poeta dettò quest’ode alla maestra Palmira Gadolini, confidente di Luigi Illica, amico di Carducci e librettista di Puccini.
Nelle foto, Giosuè Carducci e veduta di Castell’Arquato