di Roberto Malini
Nei gruppi Facebook di Pesaro si parla in questi giorni di una scultura che si trova nei giardini di via Colombo intitolati a Nilde Jotti. Alcuni cittadini hanno chiesto al Comune di recintare l’opera, giudicata “pericolosa per bambini e non vedenti”. I commenti verso l’opera sono stati tutt’altro che generosi, perché è stata definita “rottame”, “scarto di cantiere” e anche con espressioni più dure. La maggior parte dei commentatori ritiene che non si tratti di un monumento, ma di un residuo senza valore né contenuto artistico; qualcosa di cui la città non avrebbe bisogno. Ho risposto ad alcuni dei commenti, rivelando ai denigratori dell’installazione che si tratta di un’opera storica del maestro Agàpito Miniucchi, nato a Rocca Sinibalda (RI), il 26 settembre 1923. La scultura, che risale al 1983 e si intitola “Arim”, rappresenta una straordinaria metafora dell’incombenza del mondo – instabile e sempre minacciato da fenomeni naturali o tecnologici – sulla vita umana. Un tema particolarmente attuale in questi giorni che vedono gravitare su di noi come una spada di Damocle l’ombra del ritorno del Covid-19. Per non parlare dell’inquinamento e del cambiamento climatico. Medico e artista noto in tutto il mondo, il maestro Miniucchi è accademico di merito dell’Accademia Pietro Vannucci di Perugia. A Rocca Sinibalda un museo è dedicato all’opera di questo straordinario artista italiano. Di fronte ai commenti più maligni, ho fornito alcuni dati riguardanti il maestro e la sua formidabile carriera, precisando che non tutti comprendono l’arte contemporanea e che sicuramente è utile, in alcuni casi, descrivere il significato delle opere concettuali a chi le osserva, un significato che non appartiene più alla sola estetica, ma principalmente all’idea, al pensiero intellettuale e creativo alla base del progetto artistico. Le opere di Agàpito Miniucchi possono essere ammirate in tante città del mondo e presso istituzioni come il Museo d’Arte Moderna di San Diego (USA), il Museo D’Arte Moderna di Fort Lauderdale (USA), la Fondazione Lannan di Palm Beach (USA); il Zeng Yu Hua di Canton (Cina) e, in Italia, il Museo di Arte Moderna di Terni. I più importanti critici d’arte hanno scritto sul lavoro dello scultore italiano, fra cui Cesare Vivaldi, Sebastiano Grasso, Marisa Vescovo, Piero Dorazio, Mariano Apa. Ho contattato il Comune di Pesaro, che è sempre sensibile alla cultura e all’arte, tanto che ha un Assessorato alla Bellezza, chiedendo che l’installazione, che si erge attualmente in posizione decentrata all’interno dei nuovi giardini floreali e ornamentali, venga spostata nella zona centrale degli stessi, dove si trovava prima dei recenti lavori di riqualificazione. Ho chiesto, inoltre, che sia recintata adeguatamente, risolvendo così le preoccupazioni dei cittadini e proteggendo il lavoro del maestro. La patina di ruggine, anch’essa criticata nei gruppi Facebook, fa parte della natura dell’opera, che è stata creata dall’artista in acciaio Corten, un materiale che si autoprotegge dalla corrosione grazie alla formazione di una patina superficiale che non intacca la scultura e si modifica nel corso del tempo. Una scelta artistica, dunque, e non un segno di deterioramento dell’opera. La forma a onda della scultura si riferisce al mare, alla materia dei luoghi umanizzati e al tempo. Nella pietra, produce un senso di “incombenza” e instabilità, che turbano l’osservatore. È una “spada nella roccia” che ci invita a riscoprire il valore dei nostri giorni nel flusso, spesso aspro, della vita e del tempo che passa.