di Roberto Malini
Quando nacque l’arte moderna, distinta dalle scuole degli antichi maestri? Non si può affermarlo con certezza, indicando un solo artista o una sola opera. Se tuttavia dovessi scegliere, non avrei dubbi e punterei sul grande dipinto a olio “Apertura del quinto sigillo dell’Apocalisse” di Domínikos Theotokópoulos detto El Greco (Candia, 1541 – Toledo, 7 aprile 1614), realizzato fra il 1608 e il 1614 (New York, Metropolitan Museum of Art). El Greco fu reputato bizzarro e incomprensibile nel suo tempo, non ebbe allievi che continuassero la sua pittura e fu riscoperto dalla critica solo nel XX secolo; un po’ prima da alcuni artisti, fra i quali Eugène Delacroix ed Édouard Manet, che lo consideravano un genio. L’opera “Apertura del quinto sigillo dell’Apocalisse”, come tutto il lavoro dell’artista, si distacca completamente dai canoni dell’arte classica e non intraprende il cammino del primo barocco. Si basa su un’ispirazione e una forma diverse, che non tengono in alcun conto i canoni precedenti della misura e della proporzione. È un dipinto dalle luci fulminanti, in cui i moti spirituali delle figure dipinte si riflettono sulle loro vesti e sull’intero paesaggio. È come un fuoco di emozioni potenti, un teatro onirico affacciato sul futuro. Un’immagine che rapisce ogni nostro senso, che trema, si dibatte, respira affannosamente, si muove come una danza libera. Ancora fuoco. Ancora luce. Ancora timore e sussulto. Non a caso gli artisti del gruppo Der Blaue Reiter guardavano a El Greco come a un modello cui ispirarsi, mentre Paul Cézanne ne fu sconvolto, tanto che la sua pittura cambiò e iniziò a vibrare sulle stesse frequenze del capolavoro apocalittico. Anche Pablo Picasso fu travolto dall’esempio di El Greco, che influenzò con veemenza il suo periodo blu, mentre il quadro “Apertura del quinto sigillo dell’Apocalisse” ispirò le sue “Demoiselles d’Avignon” e, di conseguenza, tutta la sua arte.