Una nuova vita
di Sofia Bermudez Diaz, II B SU del Liceo delle Scienze Umane Piero Gobetti
Vi racconto l’esperienza di chi ha vissuto in un altro Paese e ha deciso di trasferirsi in Italia. Tutto inizia quando sento mio fratello parlare con mia mamma dicendole che aveva deciso di venire a vivere in Italia con mio padre, che voleva studiare qua, visto che nel mio Paese, la Colombia, non c’è un futuro. Quando ho sentito che mio fratello, la persona più importante per me, quella con cui facevo tutto, se ne sarebbe andato via ho iniziato a preoccuparmi, perché sarei voluta andare con lui.
Così è stato e anch’io decido di partire, con tante paure ma anche con tanti sogni.
Le mie aspettative erano frutto delle mie idealizzazioni. Sì, lo so che è un po’ strano, ma immaginavo che sarebbe stato così: stare con mio padre che conoscevo poco, conoscere delle persone nuove, fare nuove amicizie, pensavo che la scuola sarebbe stata come nel mio Paese, che la lingua non sarebbe stata così difficile da imparare, pensavo che non mi sarebbe mancata tanto mia mamma, la mia famiglia e i miei amici, cioè tutto. Infatti, sono arrivata e subito ho iniziato una scuola in cui c’erano tante nuove materie e pure in un’altra lingua in cui la grammatica è molto complessa. Sono stati 5 mesi, più o meno, in cui ero molto stressata per la scuola ed altre cose. La conseguenza di tutto ciò mi ha portato in una specie di depressione, non ce la facevo più, non conoscevo nessuno e la routine era casa-scuola, scuola-casa.
A casa non mi aprivo tanto con mio padre, mi era difficile; mio fratello aveva dei problemi, con la compagna di mio padre non parlavo tanto… quindi “grazie” a tutto ciò ho iniziato a riflettere su tante cose e ho deciso di tornare in Colombia.
Però alla fine non è andata così: come avevo detto prima, nel mio Paese non c’erano delle reali possibilità per me, quindi tornare avrebbe voluto dire peggiorare la mia situazione . A quel punto, la scuola è intervenuta e ha comunicato con mio padre consigliandogli di farmi parlare con una psicologa. Dopo questa fase ero migliorata, diciamo… ma poi è successa una cosa che se fosse possibile vorrei dimenticare.
Il 9 marzo muore mia nonna (mamma di mia mamma), la seconda donna più importante della mia vita, quella che c’è stata sempre per me, quella che ha creduto in me dal primo secondo, quella persona che mi dava la forza di continuare qui; mio fratello riceve una chiamata da mia mamma che gli dà la notizia. Una sensazione dentro di me mi diceva che c’era qualcosa che non stava andando bene, ma non immaginavo fosse quello, perché tre giorni prima avevo parlato con mia nonna e mi aveva detto che mi stava aspettando, che era orgogliosa di me, che mi voleva bene… : “non preoccuparti per me, piccola, io sto bene” mi aveva detto.
Per annunciarmi la notizia, sono arrivate a casa mia la mia madrina e la mamma di mio padre (mia nonna). Ho chiesto spiegazioni e mi hanno fatto sedere. Poi mi hanno detto: “Sofí, tua nonna è mancata”. Io ho ascoltato quelle parole ma non ci ho creduto, perché nella mia testa continuava quel.. “ti sto aspettando”.
Mio fratello mi ha abbracciato ripetendo: “tutto andrà bene” ed io ho iniziato a piangere.
Dopo tutto questo, ho iniziato a ragionare su tutto quello che mi era successo fino a quel giorno e mi sono chiesta perché continuassi a essere qui, che se magari io non avessi preso la decisione di partire tutto questo non sarebbe mai successo o almeno non così presto. Ma poi la psicologa mi ha fatto capire che tutto succede per un motivo. Così da lì decido di ricominciare la mia vita; cambio scuola e decido di concentrarmi su me stessa e nello studio per un solo motivo: rendere mia nonna ancora più orgogliosa di me in qualsiasi luogo lei ora si trovi.
Prima di prendere una decisione importante, prendetevi il tempo di pensarci e siate consapevoli che ogni vostra decisione cambierà in qualche modo la vostra vita.
Scrivere per crescere
di Daniela Malini
L’abilità di scrittura, a scuola, soprattutto al Liceo, rappresenta uno degli scogli più difficili da affrontare. Lo stesso tema d’italiano, così importante per conoscere gli allievi, rischia di diventare un esercizio come tanti, un rito nella migliore delle ipotesi. Manca, nella scuola, l’idea che l’apprendimento possa rappresentare anche un piacere, uno sforzo che dà piacere.
La scrittura espressiva rappresenta uno strumento straordinario di conoscenza di sé e del mondo. Per poter scrivere è prima necessario osservare, non solo gli aspetti esteriori dell’essere umano, ma soprattutto quelli interiori. Ci vuole un pizzico di psicologia, inoltre, per raccontare al lettore le dinamiche sottese ai comportamenti dei vari personaggi. La scrittura, inoltre, in particolare quella individuale, permette ai ragazzi di esprimersi protetti dal mondo rappresentato, una meravigliosa finzione sempre presente quando assumiamo il ruolo di voce narrante.
La storia nasce sotto gli occhi dei ragazzi, nascono suoni, profumi, paesaggi: alcuni sopravvivono ed entrano nella vicenda, altri scompaiono con una semplice cancellatura.
La creatività e il desiderio di raccontarsi dei ragazzi è valorizzato dalle opere in A.I. e pittura digitale dell’artista Roberto Malini, che si è prestato a creare dipinti e disegni sempre apprezzati dagli studenti e dai lettori dei loro testi.