Si può sperare, dopo la Shoah?
Le parole degli studenti della classe II B del Liceo delle Scienze Umane Piero Gobetti di Genova su un canto di Emily Dickinson.
La “Speranza” è quella cosa piumata –
che si viene a posare sull’anima –
Non hanno né un nome,
né più una dignità;
un numero li sostituisce
per farli sentire non persone.
Canta melodie senza parole –
e non smette – mai –
Nel volto di una donna si legge
la paura di perdere il bambino
che ha in grembo
e il suo futuro.
E dura deve essere la tempesta –
Lo sguardo perso di questi uomini,
gli occhi privi di qualunque emozione,
le gambe che non riescono più a sorreggere
quei minuti corpi che non possiedono
più nulla.
E la senti – dolcissima – nel vento –
La rassegnazione è incisa nei loro volti
e nella loro anima;
la disperazione nei loro occhi
e sulla pelle.
Canta melodie senza parole –
e non smette – mai –
Scuola e letteratura
di Daniela Malini
Quest’attività nasce con lo scopo di stimolare negli studenti la scrittura espressiva a partire da alcune suggestioni fornite dalle opere d’arte. Gli studenti hanno scelto di esprimere le loro emozioni e i loro sentimenti riguardo alla Shoah partendo da alcuni versi della poetessa statunitense Emily Dickinson, che invitano l’umanità a non abbandonare la speranza. Dopo la Shoah, la civiltà può ancora contare sulla speranza per guardare avanti e costruire un futuro migliore, non più dominato da odio e rabbia? Presentiamo qui il loro testo, illustrato da un dipinto digitale di Roberto Malini.