Gli studenti della classe 2 D del Liceo Economico Sociale Piero Gobetti di Genova hanno svolto un importante lavoro sul tema della metamorfosi uomo-natura. Lo spunto è stato offerto dalla lettura e analisi della poesia “La pioggia nel pineto” di Gabriele D’Annunzio. In seguito i ragazzi hanno scelto liberamente un’immagine artistica legata al tema della metamorfosi e, dopo aver motivato la propria scelta, l’hanno descritta e infine le hanno dato voce attraverso la scrittura creativa. Ecco il testo di Anna Vasylenko, studentessa di nazionalità ucraina arrivata in Italia da pochi mesi.
Ha una spiccata predisposizione per l’apprendimento delle lingue e parla fluentemente l’inglese. In poco tempo ha imparato ad esprimersi anche in italiano. Ama leggere e scrivere e ha un forte interesse per l’arte in tutte le due espressioni.
Gabriele D’Annunzio, La pioggia nel pineto (Alcyone, 1902-03)
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.
Non ho paura di niente
di Anna Vasylenko
A prima vista è difficile distinguere la figura in questa immagine, ma se guardiamo da vicino, possiamo vedere due mostri surreali: uno grande, assemblato con diversi materiali e parti di animali, e un mostro semplice più piccolo. Guardando a lungo questa immagine, sembra perdere il suo significato e fondersi in un unico punto, allo stesso tempo mostra nuovi colori e dettagli di sfumature. Il grande mostro sembra divertirsi, ma non è un bel divertimento, è un’isteria al limite della follia. Il mostro più piccolo, ovviamente più debole, fa del suo meglio per fermare il vortice di emozioni del primo mostro. Secondo me, questa immagine mostra il potere distruttivo delle emozioni negative a lungo nascoste che esplodono all’improvviso. E l’incapacità del buon senso (un mostro minore) di frenare i sentimenti. Ho scelto questa immagine perché mostra un problema che la nostra generazione ha quasi risolto. Ora parlare dei propri problemi e sentimenti è accettabile nella società, quindi è meno probabile che le persone incontrino esplosioni di aggressività.
«Finalmente. Non ho paura di niente. Niente mi fermerà. Non è colpa mia, è colpa di chi mi ha nascosto per tutto questo tempo»
L’immagine scelta dagli studenti è “L’angelo del focolare” di Max Ernst (1937)