di Roberto Malini
Quando ho saputo della decisione di installare a Pesaro, in piazza del Popolo, una scultura a led imponente, quattro metri di diametro, ho apprezzato l’iniziativa, che mi è sembrata una promozione di forme d’arte che non sempre vengono comprese dal pubblico. Negli anni 1980 sono stato fra i primi, in Italia, a sperimentare la Computer Art e, con l’agenzia di pubblicità Privilege, siamo stati i primi nel nostro Paese ad adottare quello che allora veniva chiamato “desk top publishing”. Una cosa da pazzi, era definita a quel tempo. Fra i progetti per aziende all’avanguardia, una “Digitosfera” alta due metri e mezzo, in occasione di una convention internazionale. Negli anni 1990, insieme a Dario Picciau abbiamo realizzato diverse installazioni digitali e olografiche e il nostro lavoro prosegue oggi con l’IA e le nuove tecnologie di espressione e comunicazione. Questo preambolo per dire che l’innovazione, ne sono consapevole, è fondamentale per l’arte e la cultura, tanto più nel nostro tempo, votato alla tecnologia. Tornando a Pesaro, tuttavia, mi chiedo se non sarebbe stato opportuno recuperare e valorizzare, prima di tutto, il nostro formidabile Parco Urbano di Scultura, un vero museo all’aperto d’arte moderna e contemporanea. Le opere che lo compongono, invece, sono lasciate a se stesse, attaccate da agenti atmosferici, spesso prive di riferimenti culturali. La stessa Grande Sfera di Arnaldo Pomodoro necessita di interventi abbastanza importanti, perché è visibilmente intaccata da fenomeni degenerativi e ha subito aggressioni vandaliche. Quindi sì, la Sfera Led sarà un bel vedere, ma… infonderà nei nostri animi anche un po’ di malinconia, pensando a ciò che si sarebbe potuto fare e non si è fatto. E poi… stiamo perdendo tanta cultura, tanta arte, tanta storia, in questa Pesaro che trasforma le antichità monumentali, i capolavori dei nostri architetti del passato in edilizia di mediocre profilo. Forse tutti noi dovremmo evitare di restare impressionati dalla suggestione dell’effimero, per chiedere il rispetto delle nostre radici, per evitare che Pesaro si trasformi in una città anonima, coperta di cemento e murales, smarrendo per sempre la sua storia millenaria. I tappeti rossi si stracciano sotto il vento e si macchiano fino diventare cenci… le poesie-luminarie si spengono una lettera dopo l’altra, nell’indifferenza generale e sotto l’effetto implacabile del tempo. La tecnologia ci seduce per un istante ed è subito vecchia, superata, patetica agli occhi delle nuove generazioni. E allora risolleviamoci e difendiamo la vera cultura, che non è sempre fatta solo di pietra e mattoni, ma anche di idee, di genio, di impegno civile. Viva la mega-sfera digitale, dunque, ma solo per l’attimo in cui la guarderemo! Uniamoci, invece, per difendere le opere che non soffrono il passare dei giorni e neanche quello dei secoli. Purché si consenta loro di esistere nella loro natura di beni culturali.