di Roberto Malini
Quarant’anni fa dipinsi un grande quadro a colori acrilici, intitolato “Il papa è verde”. Nel dipinto, che non è quello della foto, si vedeva proprio un pontefice con lo zucchetto sul capo, verde come Hulk. Si dice “verde di rabbia” a causa della bile che secerne il fegato umano e, almeno secondo le credenze popolari, aumenta quando una persona è dilaniata dall’odio e si sfoga attraverso rabbia e maldicenza. Nella storia, molti papi hanno effettuato politiche repressive e violente a causa del pregiudizio e dell’odio. Si pensi ai papi Lucio III, Innocenzo III, Onorio III, Gregorio IX, con il proposito di perseguitare i catari e altri movimenti spirituali. E poi a Innocenzo IV, fautore di torture inenarrabili contro gli “eretici”. Quindi Giovanni XXII, il papa dei roghi; Sisto IV, che istituì l’Inquisizione spagnola; Paolo III, che stabilì l’Inquisizione romana. Avversione verso il libero pensiero e omofobia hanno spesso caratterizzato l’attività “pastorale” dei pontefici. Non stupisce, non me, almeno, che anche Jorge Mario Bergoglio si riveli “papa verde” e si lasci andare, ora anche pubblicamente, a battute grossolane e discriminatorie. La Chiesa è altro dalle sue cattive guide: è l’eredità di Massimiliano Kolbe, di Antonio Musumeci, dei tanti sacerdoti che hanno sacrificato la vita per preservare altre vite. La chiesa è l’esempio di Giuseppe Puglisi, di Léopold Feyen, di Gidwin Eze, del mio compianto amico don Andrea Gallo. Loro non furono verdi come Hulk, ma luminosi, abbaglianti nel loro amore per il prossimo, che amavano oltre se stessi.