di Roberto Malini
Si chiama Adriano Orciari, è nato in Germania da genitori italiani, ma non ha ricordi della nazione dell’Europa centrale, perché quando aveva solo un anno la sua famiglia è tornata in Italia, a Fano, cittadina marchigiana della provincia di Pesaro e Urbino. Ricorda di aver sempre disegnato, ancora prima ancora di andare a scuola. Quindi, alle scuole elementari, riempiva il diario scolastico di schizzi, disegni, caricature, miniature a matita e penna. Nell’età giovanile, entrava in una galleria d’arte per osservarne le opere in esposizione con la stessa frequenza con cui i suoi coetanei entravano in una sala giochi. Osservava le opere d’arte urbana mentre i suoi compagni si recavano all’oratorio o in un campetto per una partita di calcio. Certo, anche lui amava divertirsi, ma l’arte occupava sempre un posto privilegiato, nel suo animo. Era il suo primo, grande amore. Al di fuori di qualsiasi curriculum scolastico, ha scelto di avere quali maestri i giganti dell’arte del passato, dall’antichità classica all’arte bizantina, da Giotto a Leonardo e Raffaello. Ispirandosi agli antichi maestri, ha perfezionato negli anni la sua innata abilità nel disegno a mano, sperimentando una pletora di stili e soggetti. Quindi si è avvicinato allo studio delle tecniche dell’incisione, raffinandole via via nel corso degli anni e raggiungendo un’ammirevole maestria nella calcografia e in particolare nell’acquaforte e nella puntasecca. “Per tanti anni sono stato più interessato al segno che al colore,” mi spiega. “Incisione, matita, carboncino, china e tecniche incisorie sono in grado di esprimere compiutamente forme, dimensioni e luci. Basta guardare le opere di Rembrandt. O le composizioni di Albrecht Dürer, che hanno la stessa forza espressiva dei più rinomati dipinti a tempera o a olio. Di fronte a simili modelli, confesso che il colore per me è stato una conquista della maturità”. Adriano Orciari è uno spirito libero, non ha mai legato la sua produzione alla ricerca di un’affermazione sul mercato dell’arte. Lo si può incontrare mentre propone una scelta delle sue opere sulla piazza di una città d’arte oppure si deve appartenere alla cerchia ristretta dei suoi ammiratori. Lavora nell’edilizia e dipinge in un garage adattato ad atelier. Uno studio che è contemporaneamente un laboratorio, dove Orciari sperimenta continuamente, a volte cercando il “nuovo assoluto”, forme che nascono nel flacone di un alchimista del segno, a volte proseguendo il percorso dei suoi modelli ideali, non solo classici, ma anche moderni e fra di essi, il suo adorato Paul Klee. “Amo ripartire dalle intuizioni di Klee,” afferma l’artista fanese, “perché il suo lavoro era sempre ispirato dalle energie creative della natura, che non hanno mai compimento, ma si rinnovano continuamente”. Adriano Orciari, come Klee, predilige la carta quale supporto delle sue opere. Come Klee, è un cartografo dell’esperienza e del mito, del mondo storico e di quello onirico; il suo lavoro inizia quando l’ispirazione che lo guida dischiude le porte e le finestre del tempo, per affacciarsi su dimensioni che sfuggono alla fissità delle cose e ai cicli ripetitivi del tempo, perché appartengono all’arte, all’emozione, alla poesia.
Nella foto di Fabio Patronelli, Roberto Malini con Adriano Orciari; l’artista con alcune delle sue opere e una scelta di suoi lavori