di Roberto Malini
Ogni artista ha un “dipinto perfetto” appeso a una parete, conservato in un luogo riposto, immortalato in una foto o solo in un ricordo, perché – in quell’ultimo caso – ha venduto o donato l’opera, perdendone poi le tracce. Il “dipinto perfetto” rappresenta un ideale coltivato dall’artista fin dalla più giovane età, spesso ispirato all’opera di maestri che gli hanno fatto da modello. Nella cultura contemporanea e nella percezione del grande pubblico, sono “dipinti perfetti”, quasi universalmente apprezzati la Gioconda di Leonardo da Vinci, la Nascita di Venere di Sandro Botticelli, il Tondo Doni di Michelangelo Buonarroti, la Madonna Sistina di Raffaello, la Ragazza con l’orecchino di perla di Johannes Vermeer, la Ronda di notte di Rembrandt van Rijn, la Notte stellata di Vincent Van Gogh, Il bacio di Gustav Klimt, L’onda di Katsushika Hokusai, L’urlo di Edvard Munch, Guernica di Pablo Picasso. Da parte mia, aggiungerei almeno il Vertumno di Giuseppe Arcimboldo, la Danse di Henri Matisse, lo Study after Velázquez’s Portrait of Pope Innocent X di Francis Bacon… ma come si fa a non proseguire, quando balzano alla mente decine di opere che costellano la Storia dell’arte almeno a partire dall’antichità classica?
Nella mia veste di artista, quale considero, fra le opere che ho realizzato, il “dipinto perfetto”? Ne ho perso ogni traccia, ma lo ricordo perfettamente: soprattutto il nero che riempiva lo sfondo, un nero composto con bone black, blu notte e rosso di cadmio scuro. Si intitola Portrait of the young Ciaran Colins, risale al 1988 ed ha quale soggetto il viso dell’adolescente di Sheffield (Regno Unito) Ciaran Collins, condannato per l’omicidio della sorellina Sharon. Lessi in quel volto delicato come quello di un angelo di Raffaello aspetti sconcertanti della natura umana e di come sia impossibile, a volte, giudicare serenamente persino l’atto più efferato.
Ringrazio l’artista pesarese Deborah Coli, che ho conosciuto ieri visitando la sua mostra Etere, dedicata al “senso profondo del femminile”, e con cui abbiamo conversato d’arte appassionatamente, toccando anche il tema del “dipinto perfetto”. Per quanto riguarda lei, aveva il suo con sé, in galleria, quasi nascosto su un tavolo, dietro un angolo di parete, applicato a un piccolo cavalletto. “L’avevo venduto, ma sono riuscita a recuperarlo, perché mi sono resa conto di come fosse nato da uno stato di grazia. Desidero che sia visto da chi si avvicina al mio lavoro e non resti, invece, chiuso in una collezione privata”. Mentre per ammirare il dipinto di Deborah, che se ricordo bene si intitola “Luce”, è sufficiente recarsi alla sua mostra, illustro questa breve riflessione con il “dipinto perfetto” del pittore cinese Wang Ximeng (1096 – 1119) Mille li di fiumi e montagne. Wang Ximeng aveva solo 18 anni quando dipinse quell’inarrivabile capolavoro, unico dei suoi dipinti che sia giunto fino a noi.