di Roberto Malini
Il “Neruda’s Gate” divide Todi. Vi è chi si avvicina all’opera con interesse, ne scruta le linee raffrontandole a quelle antiche degli edifici medievali, compie un balzo mentale/culturale attravero il portale alla ricerca di significati, equilibri, relazioni fra diversi concetti di creazione umana. Vi è chi si sente disorientato e non identifica rapporti di armonia né codici estetici o di pensiero osservando un’opera astratta in un contesto storico. Vi è chi afferma “Ha una sua bellezza, un suo interesse” e chi invece sbotta così: “Orribile. Bruttissima. Inguardabile”. Fra il 1460 e il 1490 lo scultore Niccolò dell’Arca creò il gruppo scultoreo che conosciamo come “Compianto sul Cristo morto”. Fu giudicato bruttissimo, grottesco e privo di valore artistico dai contemporanei dell’artista. Oggi lo ammiriamo nel Santuario di Santa Maria della Vita, a Bologna, in ogni particolare e nessuno si sognerebbe di dire che non sia un’opera di qualità. Questo per dire che il brutto e il bello sono spesso concetti soggettivi e che ciò che oggi riteniamo privo di valore estetico, domani lo apprezzeremo e troveremo gli aggettivi più nobili per definirlo.
Foto del “Compianto sul Cristo morto”, fonte: Wikipedia