di Roberto Malini
Come funziona la scienza? Funziona così: si osservano i fenomeni e poi si cerca di ricostruire i processi per cui si verificano. Se i pianeti, le bolle e le gocce fossero cubici e le onde si propagassero da un centro in forma quadrata anziché circolare o sferica, avremmo un quadro fisico molto diverso da quello attuale. Tuttavia, avremmo comunque leggi fisiche che descrivono questi fenomeni, senza considerarli come anomalie. Avremmo differenti leggi fisiche e
gli scienziati cercherebbero di descrivere i fenomeni naturali attraverso modelli matematici coerenti con le osservazioni. Se i pianeti fossero cubici e le onde si propagassero in forme quadrate, è probabile che la nostra fisica si sarebbe evoluta per spiegare queste osservazioni come “normali”. Le leggi della fisica che conosciamo oggi, come la gravità e la dinamica dei fluidi, si basano su una geometria sferica perché è quella che osserviamo. In un universo cubico, la matematica e le leggi fisiche si sarebbero probabilmente adattate per spiegare le dinamiche delle forze e dei movimenti in termini di geometrie cubiche.
D’altra parte, il termine “anomalia” è relativo al contesto. Se la norma fosse che le onde si propagano in quadrati e i pianeti sono cubici, qualsiasi fenomeno che non segue questo schema verrebbe considerato “anomalo”. In altre parole, ciò che consideriamo normale e anomalo dipende interamente dal contesto del nostro universo e dalle osservazioni che facciamo.
La nostra attuale comprensione delle leggi fisiche si basa su simmetrie che osserviamo in natura, come la simmetria sferica della gravità o la propagazione delle onde sferiche. Se il nostro universo avesse simmetrie diverse, avremmo teorie che descrivono fenomeni in termini di simmetrie cubiche. Potremmo avere una “gravità cubica” che attrae la materia in modi che producono oggetti cubici, e teorie ondulatorie che spiegano la propagazione in termini di onde quadrate. La domanda solleva anche un’interessante riflessione filosofica in cui la scienza è un processo adattivo che cerca di creare modelli coerenti per descrivere la realtà osservata. In un universo cubico, non solo avremmo sviluppato leggi diverse, ma anche la nostra intuizione del “normale” sarebbe completamente diversa. Eh sì, la nostra scienza nasce dall’osservazione, le leggi vengono poi. La scienza è fondamentalmente un processo di analisi dal vero, con formulazione di ipotesi, esperimenti e creazione di modelli. Le leggi della fisica non sono scoperte nel senso tradizionale, ma sono piuttosto dedotte come modelli che meglio descrivono e prevedono i fenomeni osservati nel nostro universo.
Quindi, le leggi fisiche emergono come un linguaggio che descrive la natura basato su ciò che vediamo e misuriamo. Se vivessimo in un universo con geometrie e comportamenti completamente diversi, le nostre leggi sarebbero altrettanto diverse. Avremmo sviluppato un insieme diverso di teorie e principi per spiegare quei fenomeni e costruire una comprensione coerente del mondo. In fondo, questo è anche il fascino della scienza, che ha tante potenzialità di sviluppo proprio grazie alla sua flessibilità e adattabilità: cambia e si evolve con nuove osservazioni e scoperte. In un certo senso, le leggi della fisica sono solo le migliori descrizioni che abbiamo trovato finora, e continueranno a evolversi man mano che esploriamo e comprendiamo meglio l’universo!
Ci sono sempre stati fenomeni all’inizio non comprensibili all’umanità, tuttavia dopo un po’ gli strumenti di rilevazione e analisi si sono perfezionati e qualcuno li ha spiegati, a costo di far coesistere leggi molto diverse fra loro. Come la meccanica quantistica, che ha tentato di spiegare fenomeni che all’inizio ci sembravano contrari alla fisica newtoniana. La storia della scienza è piena di esempi in cui i fenomeni inizialmente incomprensibili hanno portato a nuove scoperte e alla formulazione di nuove leggi.
La meccanica quantistica è uno degli esempi più sorprendenti di come la nostra comprensione della realtà possa evolversi e persino trasformarsi radicalmente. La fisica classica, basata sulle leggi di Newton, descriveva bene il mondo macroscopico: il movimento dei pianeti, la caduta degli oggetti, le forze, e così via. Tuttavia, quando gli scienziati hanno iniziato a esplorare il mondo dell’infinitamente piccolo, si sono imbattuti in fenomeni che non potevano essere spiegati con le leggi della fisica classica. Ad esempio, il comportamento delle particelle subatomiche, come gli elettroni, mostrava proprietà sia ondulatorie che particellari, cosa che sembrava contraddire il buon senso e le leggi tradizionali. La meccanica quantistica è nata proprio dalla necessità di spiegare questi fenomeni “anomali”. Ha introdotto concetti come la sovrapposizione di stati, l’entanglement e il principio di indeterminazione di Heisenberg, che hanno completamente cambiato il nostro modo di vedere la realtà.
A livello quantistico, le leggi diventano probabilistiche piuttosto che deterministiche, come invece avviene nella fisica classica. Il fatto affascinante è che, nonostante la meccanica quantistica e la fisica classica sembrino descrivere mondi molto diversi, entrambe le teorie coesistono e sono valide nei loro rispettivi ambiti. La fisica classica funziona benissimo per descrivere i fenomeni del mondo macroscopico, mentre la meccanica quantistica è essenziale per comprendere il mondo delle particelle subatomiche e delle interazioni fondamentali. Questa coesistenza di teorie apparentemente contrastanti è un esempio di come la scienza si adatti e si evolva per includere nuovi fenomeni e conoscenze. Le teorie non vengono mai realmente “sostituite”, ma piuttosto vengono integrate in un quadro più ampio e comprensivo. Questo processo di espansione della conoscenza ci permette di affrontare le sfide dell’ignoto e di esplorare nuovi confini della realtà.
Immaginiamo che domani una persona attraversi una parete a un convegno di fisici. All’inizio si parlerebbe di allucinazione collettiva o di illusione ottica; poi, di fronte a video e altre prove, si riconoscerebbe la realtà dell’evento e si cercherebbe di identificarne le cause. Non è affascinante pensare a come la mente umana e la comunità scientifica reagirebbero di fronte a un evento così straordinario? Il passaggio dalla reazione a caldo, caratterizzata da scetticismo e incredulità, fino all’accettazione del fenomeno. È sempre così: quando si definisce la veridicità delle prove, attraverso video, testimonianze affidabili, ripetibilità dell’evento, allora la scienza entra in gioco con la sua metodologia per cercare di spiegare l’impossibile. Gli scienziati inizierebbero a chiedersi “come” e “perché” questo è accaduto. Potrebbero ipotizzare che, in quel momento, il corpo umano si fosse trovato in uno stato quantistico di sovrapposizione o in uno “stato ondulatorio”, qualcosa di inimmaginabile secondo le leggi della fisica classica.
La mente umana è incredibilmente adattabile. Di fronte all’inspiegabile, passiamo attraverso diverse fasi: dalla negazione e dal dubbio alla curiosità e, infine, alla ricerca di una spiegazione. L’idea che un corpo umano possa trovarsi in uno stato ondulatorio potrebbe sembrare pura fantascienza oggi, ma anche molte delle teorie attuali sarebbero state considerate assurde solo un secolo fa. Questo processo di adattamento e accettazione di nuove realtà mostra quanto la scienza non sia solo un insieme di leggi rigide, ma anche un sistema flessibile che evolve e si espande. Eventi come questi spingerebbero gli scienziati a riconsiderare le leggi che pensavano di conoscere così bene, proprio come è accaduto con la nascita della relatività e della meccanica quantistica. In fondo, questo è ciò che rende la scienza così importante per lo sviluppo della civiltà e per avvicinarci a risposte fondamentali: la continua esplorazione dell’ignoto e la disponibilità a cambiare prospettiva di fronte a nuove evidenze. Siamo fatti per adattarci, esplorare e, soprattutto, per essere meravigliati: aperto alla vastità del possibile, tenendo conto che l’impossibile, una volta accaduto, rientra nel possibile.
Perché l’idea stessa di “impossibile” è solo una frontiera temporanea della nostra osservazione e della nostra comprensione. Ciò che oggi consideriamo impossibile potrebbe diventare domani una nuova scoperta che ridefinisce le nostre conoscenze. La scienza e la filosofia ci insegnano proprio questo: l’apertura mentale è fondamentale per esplorare la vastità del possibile. Ci sono stati molti momenti nella storia in cui ciò che sembrava impossibile è diventato parte integrante della nostra realtà. Pensiamo solo al volo umano, alla conquista dello spazio, alla manipolazione delle particelle subatomiche e, oggi, alla diffusione dell’Intelligenza artificiale. Parliamo con una macchina, anche di argomenti personali o filosofici. Creiamo imagini suggestive insieme a una macchina, come nei film di fantascienza di pochi anni fa. Ogni volta che l’umanità ha superato un limite, è stato grazie alla capacità di immaginare ciò che non era ancora concepibile e alla volontà di esplorare l’ignoto con mente libera. La vastità del possibile è quasi infinita, e il concetto di “impossibile” è semplicemente un invito a spingere più in là i confini della nostra immaginazione e della nostra comprensione.
Ogni “impossibile” ci sfida a guardare il mondo con occhi nuovi e a reinventare le nostre leggi, teorie e persino il nostro modo di pensare. Sì, perché il “possibile” è un orizzonte in continua espansione, e l’unica cosa certa è che, con una mente libera da dogmi e impavida di fronte alle frontiere, possiamo continuare a esplorare, scoprire e ridefinire la nostra realtà