Di Roberto Malini
Il volume “Siamo fatte di carta” emerge come una rara fusione di poesia e arte visiva, un incontro che, pur sembrando semplice nella sua realizzazione materiale, ci sfida a riconsiderare alcuni valori dell’arte e della letteratura contemporanee. Nel riflesso di una collaborazione fertile e felice, la poeta Floriana Porta e l’artista Anna Maria Scocozza si pongono come artigiane di emozioni, capaci di cesellare una narrazione lirica che, a differenza delle tradizionali opere d’arte, non si fonda sull’opulenza o sulla monumentalità, ma sull’autenticità del gesto creativo e sulla vulnerabilità dei materiali utilizzati.
Questo libro richiama il genere dei livres pauvres, opere che, pur nella loro essenzialità materiale, raggiungono una profondità espressiva capace di trascendere le frontiere della norma. Qui, l’arte non è una questione di accumulo di sostanza, ma di sottrazione, di riduzione all’essenza. E di energia femminile. È in questo dialogo tra l’impermanenza della parola poetica di Porta e le delicate composizioni di carta e materiali riciclati di Scocozza che si manifesta una sinergia rara e preziosa. L’una illumina l’altra, e insieme aprono all’osservatore uno spazio di riflessione e introspezione che si muove tra sogno e realtà, tra la solidità della materia e la fluidità dello spirito.
Floriana Porta e Anna Maria Scocozza ci invitano, con le loro opere, a navigare tra i sottili confini dell’esperienza estetica. La poesia della Porta, con il suo ritmo fulmineo e la sua intensità frammentaria, richiama lo spirito dell’Haiku e del Baishù giapponese, generando un bagliore emotivo che pulsa e riverbera nel lettore. Come lei stessa dichiara: “Quando l’esistenza si fa complessità, vita e sogni si intrecciano, fili e anime si rincorrono, corpo e segni si perdono… e ciò che resta di loro si chiama poesia”. Qui la parola diventa un’eco, un filo invisibile che si intreccia con l’immagine, creando una tessitura che va oltre il visibile.
Anna Maria Scocozza, d’altra parte, si presenta come la creatrice di un “guardaroba poetico”, dove gli abiti, le lingerie e i monili diventano simboli visivi e archetipi umani, realizzati con materiali recuperati, carta riciclata, frammenti di libri vecchi destrutturati e ricreati. I suoi lavori non sono semplici oggetti, ma visioni da indossare con l’anima, miti che germogliano negli occhi di chi li coglie. In questo processo, la Scocozza sfida l’osservatore a interrogarsi sul significato della bellezza e sull’uso delle risorse, conducendoci verso una riflessione tanto psicologica quanto spirituale. La sua arte ci appare non solo come espressione estetica, ma come una pratica etica, una via per esplorare il dolore e la rinascita, il declino e la sublimazione.
I contenuti di “Siamo fatte di carta” non sono soltanto un incontro tra forme espressive, ma una vera e propria alleanza tra il verbo e la materia. Le parole di Porta danzano in un contesto che non è solo visivo, ma tattile, in cui ogni eco poetica trova un riverbero nella fragilità e nella transitorietà dei materiali utilizzati dalla Scocozza. È un linguaggio della fluttuazione, un’arte che vive del contrasto tra la durevolezza dell’emozione e la precarietà del mezzo. Come scrive la stessa Scocozza: “Siamo creature di carta. Naviganti inchiostri colorati su mari incerti e profondi… per poter rinascere un giorno, come sogni meravigliosi indecifrabili e perenni, conservati in libri di pagine umane”.
In un mondo dove l’arte è spesso confusa con il valore monetario, questo libro si erge come un manifesto per la valorizzazione della qualità artistica e umana al di sopra della quantità materiale. È un invito a vedere oltre la superficie e a comprendere che l’arte, come ogni forma di espressione umana, è un processo di ricerca continua, di esplorazione e scoperta. In questa piccola grande opera, la bellezza emerge non come qualcosa da possedere, ma come un’esperienza da vivere e sentire.
“Siamo fatte di carta” è dunque più di un libro; è un’esperienza multisensoriale che ci interroga sul significato dell’arte e della poesia nella nostra esistenza. Ci ricorda che siamo tutti, in fondo, fatti di materia fragile e transitoria, ma anche di sogni, di ricordi e di auspici che, come la carta, possono essere colorati, strappati, piegati in infinite forme. Possono ravvivare sentimenti, testimonianze e idee, per conservare le nostre identità e la nostra speranza.