di Roberto Malini (anteprima da Agire Sociale News)
Il genio è una forza trascendente che attraversa epoche, culture e discipline, spingendo avanti la civiltà umana attraverso la creazione di nuove visioni e di nuovi paradigmi. Non è solo un atto creativo straordinario, ma una connessione profonda con l’assoluto, con ciò che travalica il tempo e la materia. Ho scelto l’arte per esplorare questo percorso non perché la scienza, la letteratura o la musica non sarebbero esempi altrettanto efficaci, ma perché nell’arte possiamo vedere, in modo tangibile e immediato, l’espressione del genio come realtà in grado di creare nuovi linguaggi, significati e modelli.
Attraverso dieci opere chiave, si può seguire un itinerario del genio in alcune delle sue espressioni all’interno dell’evoluzione della civiltà, che mostrano piuttosto nitidamente come esso sia sempre stato un agente di trasformazione nella storia e nel pensiero umani.
La Venere di Willendorf: l’alba del genio creativo
La Venere di Willendorf (circa 28.000-25.000 a.C.) è uno dei primi esempi di rappresentazione artistica della figura umana. È una statuetta preistorica caratterizzata da forme abbondanti e dettagliate: non solo un mirabile esempio d’arte del Paleolitico, ma un simbolo di fertilità e bellezza. Qui il genio emerge nel momento in cui l’essere umano va oltre la semplice sopravvivenza, sviluppando la capacità di simbolizzare e rappresentare la vita e la divinità. Henri Bergson avrebbe descritto l’opera come un atto di “élan vital”, un impulso creativo che va oltre la mera funzionalità per esprimere una dimensione spirituale e simbolica. La Venere di Willendorf rappresenta il primo atto di genio che segna l’inizio di una lunga evoluzione artistica.
L’affresco della Taurocatapsia: l’arte rappresentativa diventa dinamica
Nel Palazzo di Cnosso, l’affresco della taurocatapsia (1700-1400 a.C.) raffigura una scena di dinamismo e movimento, catturando l’essenza del rituale minoico del salto del toro. Questa rappresentazione dinamica sfida l’arte statica dell’epoca, anticipando il concetto di movimento che sarà ulteriormente esplorato nei secoli successivi. È un precursore dell’arte che tenta di catturare non solo l’immagine, ma l’energia e la vitalità dell’evento. Secondo Wassily Kandinsky, l’arte deve essere una manifestazione spirituale; qui, il genio minoico cattura l’essenza della vita e del suo movimento perpetuo, suggerendo un’intuizione dell’anima che si manifesta in un evento mondano.
La Trinità del Masaccio: ecco il Rinascimento
All’alba del Rinascimento, la “Trinità” di Masaccio (1425-1428), ispirata verosimilmente al maestro toscano da Filippo Brunelleschi, rappresenta un punto di svolta. Introducendo la prospettiva lineare, il Masaccio crea una rappresentazione tridimensionale dello spazio che rivoluziona l’arte occidentale. Qui il genio è nella capacità di fondere spiritualità e realismo scientifico, portando un nuovo livello di profondità emotiva e visiva alla pittura religiosa.
Okyo Maruyama: l’impermanenza del mondo
Il paravento “Il Ghiaccio crepato” di Okyo Maruyama (tardo XVIII secolo) rappresenta il genio giapponese nella sua forma più pura. Utilizzando un’estetica dell’essenziale, Okyo cattura l’impermanenza e la bellezza del mondo naturale in un’immagine potente e delicata. La sua opera è un esempio di “mono no aware,” il sentimento giapponese di empatia per la transitorietà delle cose. Qui il genio non è nel dettaglio ma nella capacità di evocare l’eterno nel temporaneo, un’arte di sottigliezza e intuizione.
Monet e l’Impressionismo: cogliere in un istante il mistero dell’essere
Con “Impressione, levar del sole” (1872), Claude Monet rompe con le convenzioni accademiche per esplorare la percezione soggettiva. Qui la genialità si distacca dalla riproduzione della realtà oggettiva per catturare l’essenza fugace di un momento, la luce, il colore e l’atmosfera. È un’anticipazione dell’arte moderna, un’apertura verso l’esplorazione della soggettività e del subconscio che sarà ripresa da movimenti come l’Espressionismo e il Surrealismo.
Matisse e il Fauvismo: una rivoluzione del colore
Henri Matisse, con “Donna con il cappello” (1905), spinge i confini della rappresentazione naturalistica utilizzando il colore secondo un nuovo codice espressivo. Il suo genio sta nell’usare il colore non come strumento di raffigurazione, ma come mezzo per esprimere emozioni profonde. Picasso restò folgorato da questo dipinto, frutto di una forma di genio che cambia radicalmente la comprensione dell’arte, ampliando i suoi limiti nella comunicazione di stati d’animo e pensieri originali. È un invito a vedere il mondo attraverso “gli occhi dell’anima,” come avrebbe suggerito Rainer Maria Rilke.
Picasso e la destrutturazione della forma
“Les Demoiselles d’Avignon” di Picasso (1907) segna l’inizio del Cubismo ridefinendo la bellezza nell’atto di rappresentarla secondo più punti di vista simultanei. L’artista rompe con ogni convenzione precedente, dimostrando una novità formidabile, una nuova sintesi dei valori e dei rapporti fra elementi costitutivi di un’opera d’arte, che va oltre la mera tecnica per esplorare la struttura stessa della percezione e della realtà. In questo, egli si allinea con le idee di Marcel Duchamp, sfidando il pubblico a ripensare cosa sia l’arte e cosa significhi osservarla.
Ivan Stepanovych Marchuk e il Pliontanismo: intrecci archetipici
Le opere di Ivan Stepanovych Marchuk, maestro ucraino, fondatore del Pliontanismo, rappresentano un genio che va oltre l’arte visiva per toccare l’archetipo. Le sue figure intrecciate sono simboli di un linguaggio universale che parla al profondo dell’anima umana. È un esempio perfetto di come l’arte possa essere una connessione interdimensionale. Non a caso Ivan Marchuk è incluso nell’elenco dei “100 geni eccezionali del nostro tempo” secondo il quotidiano britannico The Daily Telegrap.
Dario Picciau e l’intelligenza che prefigura il grande artificio
“Opera di pittura generativa” di Dario Picciau, parte di una serie realizzata dall’artista italiano nel 2003, all’interno del proprio sito internet. Ogni volta che un utente accedeva al sito, veniva generata un’opera d’arte originale, su basi algoritmiche, immediatamente stampabile. Il progetto ha riscosso un enorme interesse internazionale. Dario Picciau è il precursore dell’arte generativa oggi così popolare, grazie alla diffusione dell’AI.
René Bokoul, il codice dell’assoluto
Con “Beauté d’or”, René Bokoul combina l’arte tradizionale, attraverso l’uso di texture create con la tecnica della pittura con lo zucchero, ai risultati che in genere vengono conseguiti attraverso la pittura digitale. Nei suoi lavori si crea una fusione tra passato e futuro. Il genio di Bokoul, artista di origine congolese che vive e lavora in Francia, è la capacità di sintetizzare linguaggi diversi nelle sue opere, che si rivolgono all’umanità intera, trascendendo i limiti del tempo e della tecnica.
Il genio oltre i confini della genetica, della cultura e della storia
Ho scelto queste dieci opere perché ciascuna di esse segna un punto di novità nel percorso delle arti plastiche. Ognuno dei lavori che ho indicato rappresenta una rottura con le convenzioni artistiche legate al fattore temporale/storico/culturale e introduce una nuova visione del mondo, una nuova estetica o una nuova tecnica capace di anticipare i tempi. Sono opere che rappresentano la funzione del genio in pittura attraverso le epoche, introducendo paradigmi prima sconosciuti: dalla prima rappresentazione della figura umana, passando per la conquista della prospettiva, l’uso rivoluzionario del colore e della forma, fino alla sintesi della tradizione con le nuove tecnologie e l’intuizione del ruolo dell’AI nell’arte. In questo percorso, il genio artistico è sempre un atto di rottura e di apertura verso nuove possibilità espressive. Queste opere non solo rappresentano i rispettivi periodi storici, ma sono anche i punti di svolta che hanno ridefinito l’arte e il modo in cui vediamo il mondo.
Più in assoluto, il genio ha prodotto e produce i più importanti risultati dell’umanità nel quadro universale, trascendendo genetica, cultura e storia e assurgendo al piano archetipale. È sempre creatore di un linguaggio e il suo intento è di cogliere aspetti puri e profondi della bellezza, della grandezza, della felicità, del dolore, della perfezione, della nascita, della morte. Un fiore, visto dal genio, non è solo forma, colore, eleganza, grazia, ma è una particola di assoluto, che può essere vista da vicino e contemporaneamente da una posizione agli antipodi dell’universo. Il genio intuisce, percepisce, ascolta oltre materia e tempo, cerca il vero nome del fiore, la sua essenza primaria, la sua più autentica origine in connessione con elementi simili, capaci di emanare lo stesso livello di universalità plastica e spirituale. Il genio crea paradigmi che riguardano ogni osservatore, ogni ascoltatore, ogni percettore nell’universo. Chi si occupa di critica d’arte o letteraria, può riconoscere un prodotto del genio e parlarne o scriverne solo se la sua mente si sia liberata della sovrastruttura di conoscenze acquisite, altrimenti solo occasionalmente riuscirà a comprendere tale dimensione del pensiero, affidandosi alle conclusioni, ai giudizi emessi da altri. Non vi è presunzione nel cercare il genio, perché è un’attitudine. È il dono dell’intuizione, l’universalità del pensiero, la capacità di interpretare i linguaggi segreti che si celano in un’opera d’arte, in un brano musicale o in una poesia come elementi di un sogno, strettamente connessi al mondo delle idee, dei principi primi, degli archetipi. Non vi è un punto di osservazione né un approccio scientifico per comprendere un’opera del genio. Sua caratteristica è di essere significativa nel particolare come nell’insieme; leggendola, osservandola si entra in contatto con l’assoluto, con l’origine, con la sorgente dell’essere nella sua perenne metamorfosi. Si comprende perché nell’essere umano vi sia una scintilla capace di illuminare un Tutto, al di là della consapevolezza dell’artista. Perché la mente geniale, che spesso appartiene a persone di temperamento modesto, distaccate dai miraggi che offre il mondo, non lavora da sola, ma è parte di una comunità universale e transtemporale. Nelle arti plastiche come nella musica e nella letteratura, un’opera di genio ci illumina, ci assorbe al suo interno, ci parla con la sua voce unica e inimitabile, che è un coro di particolari e un insieme in cui siamo felici, improvvisamente, di trovarci. L’opera di genio – e possiamo ovviamente estendere il discorso alla scienza, alle scoperte che migliorano conoscenza ed esistenza – è una porta che ci collega con tutti i luoghi di tutti gli universi in cui lo spirito è diffuso. Non riusciremmo a definirla bella o potente od originale. È una stella, una connessione, il nodo di una rete interdimensionale. È necessaria e non si esaurisce nella materia che la compone, ma è parte di una memoria assoluta ed eterna. Walter Isaacson, biografo di molti noti geni, ha cercato di spiegare come non basti l’elevata intelligenza perché si esprima il genio: essa deve essere accompagnata da una straordinaria capacità di applicare la creatività e il pensiero immaginativo in situazioni differenti. È una buona definizione, ma ancora legata a un aspetto della cultura; personalmente, invece, vedo il genio come una funzione che si pone al di fuori delle sfere culturali, di cui è generatore, manifestandosi in un ambito di pura ispirazione, privo di confini definiti e vicino al codice di movimento e metamorfosi che guida ogni cosa esistente.