dal Giornale di Puglia
Il concerto del “Violino di Auschwitz” ha concluso lo scorso 26 settembre la mostra d’arte della Shoah tenutasi presso l’ex Sinagoga Scola Grande – Museo di Storia Ebraica di Trani; lo scrittore e studioso Roberto Malini, che ha donato le opere esposte, annuncia nuove importanti acquisizioni per la Cittadella della musica e dell’arte concentrazionaria di Barletta
30 settembre 2024
Fin dal 1944 la Puglia ha un legame indissolubile con gli ebrei della Shoah, che trovarono rifugio nella regione provenendo dai campi di internamento del sud Italia e quindi dai lager nazisti dell’Europa centrale. Numerosi campi di accoglienza furono allestiti nel Salento, dove i profughi ebrei, in attesa di emigrare in Palestina, crearono legami con la popolazione locale e avviarono attività economiche. Nel campo di Santa Maria al Bagno (LE) si celebrarono più di 400 matrimoni e nel vicino ospedale di Santa Maria di Leuca vennero al mondo oltre duecentocinquanta bambini ebrei. Circa quarantamila ebrei ebbero rifugio nel Salento, prima di rifarsi una vita nella terra che presto sarebbe diventata lo Stato di Israele. La Puglia, terra in cui la presenza ebraica ha radici antichissime, ha mantenuto la sua vocazione a non dimenticare, come mostrano alcune della più recenti iniziative.
Il 26 settembre 2024, presso la Sala conferenze del Polo Museale di Trani, si è tenuto il concerto del M° Fabrizio Signorile, che ha suonato il violino di Auschwitz – appartenuto al testimone della Shoah Jan Stanislaw Hillenbrand – con il quartetto d’archi formato, oltre che da lui, dai musicisti Alessandro Fiore, Francesco Capuano ed Elia Ranieri. L’evento, di intensa carica emotiva, ha segnato il finissage della mostra d’arte ebraica allestita nell’ex Sinagoga Scola Grande di Trani “La notte dipingevo quadri rossi” e ha rappresentato un momento di riflessione e celebrazione della cultura ebraica, nonché della memoria degli artisti perseguitati durante la Shoah.
La mostra, realizzata grazie alla collaborazione tra la Fondazione S.E.C.A. e la Fondazione Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria (ILMC) di Barletta, ha presentato, con notevole successo, ventitré opere d’arte realizzate da Jacob Vassover, Samuel Shmutler e Simcha Nornberg, artisti ebrei sopravvissuti ai campi di morte; sono dipinti che celebrano la vita negli shtetl, i villaggi ebraici dell’est europeo annientati dall’odio nazista. I quadri fanno parte della collezione donata dallo scrittore e studioso Roberto Malini, che comprende oltre trecento lavori realizzati da artisti assassinati nei campi di morte o sopravvissuti all’Olocausto. È uno straordinario corpus di opere d’arte che troverà presto una collocazione definitiva nella nascente Cittadella della musica e dell’arte concentrazionaria di Barletta, che avrà sede nei locali storici dell’ex Distilleria. Con questo formidabile progetto, la Puglia si distingue in misura sempre maggiore per l’impegno per la Memoria della Shoah e delle altre realtà concentrazionarie del secolo scorso.
Durante la serata di chiusura, il M° Francesco Lotoro, presidente della Fondazione ILMC, ha presentato i brani eseguiti dal quartetto: la Sonata per violino di Sandor Kuti, musicista ebreo ungherese somparso nella Shoah, e quelli dei deportati Emile Goue, Marius Flothuis, Jozef Kropinzy, Frantisek Domazlicki e Zigmund Schul. Le parole di Lotoro hanno commosso profondamente il pubblico, trasmettendo a ognuno degli intervenuti preziosi frammenti di storia, di ricordi e di speranza, dando voce a quei musicisti che, nonostante l’odio e la morte che li circondava, continuarono a comporre ed esprimere la loro umanità attraverso l’arte.
Il pubblico presente ha partecipato al concerto con una commozione palpabile, ammaliato non solo dall’eccellente esecuzione musicale, ma anche dalla profondità storica e emotiva del momento. Il violino di Auschwitz, suonato magistralmente, ha reso l’evento un’esperienza unica e irripetibile, un ponte tra passato e presente, dove la memoria è tornata viva grazie alle note di quei musicisti perseguitati.
Il significato della mostra e le nuove acquisizioni: un’eredità per le generazioni future
La mostra d’arte yiddish di Trani ha rappresentato una finestra sulla vita degli artisti ebrei perseguitati durante la Shoah, molti dei quali furono etichettati come “degenerati” e le cui opere vennero ridotte in cenere. È stato un evento di grande valore simbolico e storico: non solo per la commemorazione, ma per il riscatto culturale che l’esposizione ha inteso rappresentare. Come ha sottolineato Roberto Malini, che da anni si dedica al recupero di opere d’arte ebraica, centinaia di migliaia di opere sono state distrutte durante il nazismo, creando un vuoto incolmabile nella Storia dell’arte del XX secolo.
Contemporaneamente alla chiusura della mostra, Malini ha annunciato nuove importanti acquisizioni artistiche, che arricchiranno la collezione della Cittadella della musica e dell’arte concentrazionaria di Barletta. “Uno dei dipinti che porterò a Barletta – annuncia Malini – è l’olio su tela di Gino Signori ‘La barca’. Signori fu internato ad Amburgo durante la Seconda guerra mondiale e in quel periodo salvò la vita ad Hana, una giovanissima ebrea cecoslovacca. Aiutò molti altri ebrei, a rischio della propria vita. Per tali azioni ricevette nel 1984 l’onorificenza di Giusto fra le Nazioni da parte del museo memoriale Yad Vashem. Il dipinto raffigura una delle imbarcazioni con cui i prigionieri attraversavano l’Elba per recarsi ai lavori forzati in una raffineria”. Tra le opere recuperate figurano otto disegni dallo Stalag VII A, il campo di concentramento tedesco dove furono internati, accanto a tanti prigionieri di guerra, 300 ebrei, di cui uno solo sopravvisse e testimoniò al processo contro Eichmann. Le opere destinate alla Cittadella comprendono inoltre un importante corpus di dipinti e disegni di Igor Horovitz, pittore ebreo ucraino sopravvissuto all’Holodomor (lo sterminio degli ucraini da parte dell’Unione sovietica avvenuto nel periodo 1932-1933) e alla Shoah. A questi si aggiungono opere di Adolphe Feder, artista francese ucciso ad Auschwitz, e alcuni lavori di Aldo Carpi e Corrado Cagli, due delle voci artistiche italiane più rappresentative della Shoah.
Malini ha spiegato che questo lavoro di recupero costituisce una vera e propria “operazione salvataggio”, come l’ha definita il giornalista Salvatore Giannella, paragonandola al lavoro dei Monuments Men durante e dopo la guerra. L’obiettivo è salvaguardare un patrimonio che appartiene all’intera umanità, un patrimonio che racconta un immane genocidio, ma anche vicende umane caratterizzate da resilienza e impegno a difesa della civiltà.
La conclusione della mostra di Trani con il toccante concerto del violino di Auschwitz è un’altra tappa di un percorso di ricostruzione della memoria attraverso l’arte, la musica e la testimonianza. La collezione, destinata a crescere ancora, rappresenterà un punto di riferimento educativo e culturale fondamentale per le generazioni future, che presto, per ragioni anagrafiche, non avranno più la preziosa guida dei testimoni diretti dell’Olocausto.
Attraverso il recupero di queste opere, la memoria storica e testimoniale si fa viva e tangibile, offrendoci l’opportunità di riflettere su quanto accaduto e di imparare dal passato. Come ha sottolineato Malini: “Tutto questo lavoro costituirà un importante punto di riferimento culturale e di Memoria per le persone del nostro tempo, ma soprattutto per le nuove generazioni, che si troveranno a riflettere sulle pagine più buie della storia del secolo scorso e saranno chiamate a un rinnovato impegno per evitare che i semi dell’odio producano nuovi germogli velenosi”.
L’arte e la musica, unite nella Cittadella di Barletta, saranno una testimonianza duratura della forza dell’animo umano e del potere dell’arte e della cultura anche di fronte alla rabbia, alla disumanità e alla distruzione.
Nella foto, Roberto Malini con il dipinto di Gino Signori