di Roberto Malini
Negli ultimi anni, si è diffusa la credenza secondo cui i giovani d’oggi, distratti da internet e dai social media, utilizzerebbero un numero limitato di parole per esprimersi, appena 600 o 700. A sostegno di questa tesi, si fa spesso riferimento a una presunta ricerca del linguista Tullio De Mauro, condotta negli anni Settanta, secondo la quale i ragazzi dell’epoca disponevano di un lessico molto più ricco, circa 1600 parole. Tuttavia, questa ricerca non è mai esistita, e anzi, De Mauro non ha mai affermato nulla di simile.
Nel suo saggio “L’educazione linguistica democratica” (Laterza, 2022), De Mauro chiarisce che 600 parole rappresentano il patrimonio lessicale minimo di un bambino di tre anni. Già un bambino di dieci anni padroneggia circa 2000 parole. A questo si aggiunge l’intervento del linguista Luca Serianni, che in un contributo del 2016 su Lingua italiana (Treccani.it), spiega: “Limitarsi alle 2000 parole del lessico fondamentale permette di sopravvivere nell’uso quotidiano, ma è troppo poco per accedere a un qualsiasi sapere avanzato”. Le scuole superiori, continua Serianni, mirano proprio a espandere il vocabolario degli studenti per permettere loro di accedere a conoscenze più complesse e specialistiche.
La diffusa opinione secondo cui i giovani d’oggi dispongano di un linguaggio sempre più povero non solo è infondata, ma si oppone alla realtà dei fatti. Un adolescente medio, oggi, padroneggia un vocabolario di 3000-4000 parole, cui si aggiungono i termini stranieri, soprattutto inglesi, legati all’uso dei social, dei videogame e del web. È proprio questo linguaggio contemporaneo, frutto di contaminazioni e innovazioni linguistiche, che arricchisce il loro modo di esprimersi, smentendo chi sostiene il contrario.