La battaglia contro i terminal GNL non conosce confini. Dalle coste del Texas fino alla città italiana di Pesaro, si moltiplicano i progetti industriali che minacciano ecosistemi unici e la salute delle popolazioni locali. E proprio mentre le comunità locali si mobilitano per opporsi all’impianto di Rio Grande LNG, un progetto simile tenta di radicarsi a Pesaro, in un’area fragile dal punto di vista idrogeologico e sismico.
Il terminal GNL di Rio Grande, proposto nel Sud del Texas, è un gigantesco impianto di liquefazione destinato all’esportazione di gas naturale sui mercati globali. Il progetto, sostenuto da Global Infrastructure Partners e BlackRock, ha attirato critiche feroci da parte di gruppi ambientalisti e comunità locali, non solo per il devastante impatto ambientale previsto, ma anche per la mancanza di rispetto per i diritti delle popolazioni indigene. In particolare, il progetto interferisce con il Garcia Pasture, un sito sacro per la tribù Carrizo Comecrudo, nonché uno dei più importanti siti archeologici degli Stati Uniti.
L’impianto, circondato da riserve naturali e aree protette, rappresenta un serio pericolo per la biodiversità locale. L’inquinamento derivante dalle emissioni di metano e particolato, l’aumento del traffico marittimo e le perdite accidentali di gas sono tutti fattori che minacciano la salute pubblica e la sopravvivenza di specie protette. Il termina, che sorge nelle vicinanze del sito di lancio SpaceX di Elon Musk, solleva preoccupazioni da parte di esperti e ambientalisti per potenziali esplosioni e disastri ambientali.
Dall’altra parte dell’Atlantico, a Pesaro, si sta tentando di installare un impianto di liquefazione GNL alla Tombaccia, in un’area riconosciuta come ad alto rischio idrogeologico e sismico (R4). Il progetto prevede la produzione di 400 tonnellate di GNL al giorno, con un traffico continuo di autocisterne, camion e un collegamento sotterraneo alla rete SNAM. Tutto ciò a meno di 120 metri dalle abitazioni e a meno di un chilometro dal centro storico della città. “Non esiste in tutto il pianeta un sito industriale insalubre e ad alto rischio di incidente rilevante,” spiega per l’ennesima volta Roberto Malini, co-presidente di EveryOne Group, referente di ‘Pesaro: NO GNL’ ed esperto in Sostenibilità, “come quello previsto nel progetto dell’azienda di Pesaro. Ci sono direttive europee e leggi nazionali, a partire dall’articolo 41 della Costituzione, che proibiscono l’installazione di impianti di quel genere in zona sismica, idrogeologicamente vulnerabile, accanto all’abitato. In Italia è in corso una vera e propria psicosi energetica, tanto che un Ministero ha concesso Valutazione di impatto ambientale positiva in base a documenti lacunosi e non rispondenti alla realtà dell’area. La Commissione europea sta valutando una denuncia che abbiamo presentato, mentre l’avvocato Andrea Filippini assisterà i comitati e l’Associazione ‘Iniziativa per l’Europa e l’Ambiente’ nel ricorso al Presidente della Repubblica. Il potere dell’industria pericolosa, inquinante e insalubre si è risvegliato, come è già avvenuto in passato in nazioni come la Nigeria e l’Ecuador. Se non si torna al rispetto della legge, ci aspettano nuove catastrofi ambientali e umanitarie nonché un aumento fuori controllo di tumori, leucemie e altre patologie gravi”.
In effetti, come per il Rio Grande, anche a Pesaro il progetto si pone in netto contrasto con le normative nazionali e internazionali. La Direttiva Seveso III impone regole stringenti per la gestione degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. Inoltre, come ricorda Malini, il progetto sembra ignorare del tutto il dettato costituzionale italiano, in particolare l’articolo 41 modificato nel 2022, che vieta attività economiche dannose per la salute, l’ambiente e la sicurezza dei cittadini.
L’impianto previsto a Pesaro rientra chiaramente nella categoria delle industrie insalubri di prima classe, come definito dal Testo Unico delle Leggi Sanitarie (R.D. 1265/1934) e dal D.M. 5 settembre 1994. Tali norme prevedono che le industrie di questo tipo debbano essere isolate, lontane dalle abitazioni, da edifici sensibili e anche da aree naturalistiche o storiche. L’idea di installare un impianto di GNL in un’area urbana è quindi non solo rischiosa ma anche chiaramente illegale.
Per di più, le misure di mitigazione proposte dall’azienda appaiono superficiali e insufficienti. L’idea di innalzare mura di cemento attorno all’impianto e sollevarlo dal terreno non è supportata da evidenze scientifiche o studi approfonditi che ne dimostrino l’efficacia in caso di terremoto o alluvione.
Il caso del Rio Grande LNG e quello di Pesaro sono due facce della stessa medaglia: un modello economico basato su combustibili fossili e su impianti pericolosi per l’ambiente e per la salute pubblica. Le comunità locali di tutto il mondo stanno alzando la voce contro queste iniziative, chiedendo maggiore trasparenza, rispetto delle normative e la tutela del proprio territorio.
Le battaglie civili come quella portata avanti dal comitato “Pesaro: NO GNL” dimostrano che la società civile non è disposta a tollerare progetti che sacrificano la salute e l’ambiente per il profitto di pochi. È tempo che le istituzioni ascoltino queste voci e prendano provvedimenti concreti per fermare questo pericoloso avanzare dell’industria del GNL.