Le dieci canzoni che salverei in una “capsula del tempo”

di Roberto Malini – Agire Sociale News, anno IV, n° II, marzo/aprile 2025

La canzone nacque insieme ai rituali che si tenevano durante riunioni tribali preistoriche, nelle caverne o presso falò all’aperto. Proseguì poi con l’arte degli aedi e dei rapsodi, che trasmettevano alle genti dell’area greca le antiche tradizioni, i viaggi e le gesta degli eroi. Giullari, menestrelli e trovatori ebbero la stessa funzione nel Medioevo, quando si spostavano di villaggio in villaggio per cantare nelle piazze, accompagnandosi con strumenti a corde, storie di guerra e d’amore.

Nel corso di feste, cerimonie e danze, tessevano con la loro voce i fili invisibili della memoria collettiva. Fin dai primordi, il canto è stato il vessillo dell’emozione, il grido silenzioso di chi anela a una libertà senza confini, come gli uccelli che sognano cieli infiniti al di là delle gabbie. In questo fluire di melodie e parole, la canzone diventa testimonianza di amore, eroismo, dolore e speranza, un linguaggio universale capace di trasformare l’ordinario in sublime.

Di fronte al copioso patrimonio di creazioni musicali, ho scelto dieci composizioni che, secondo il mio gusto, meriterebbero di essere custodite e preservate a futura memoria in una “capsula del tempo”. Eccole qui di seguito, disposte in ordine cronologico, come tappe di un lungo viaggio nel profondo dell’animo umano. Dieci canzoni indimenticabili e ciascuna racchiude in sé frammenti di storia, di sentimento e di poesia.

Cielito lindo di Quirino Mendoza y Cortés (1882)

Nata alla fine del XIX secolo, questa canzone messicana incarna la gioia e la malinconia di un popolo, intrecciando melodie solari e ritornelli che, come un abbraccio, riscaldano il cuore. È un inno alla bellezza, alla vita e alla capacità di sorridere nonostante il dolore.

Cross Road Blues di Robert Johnson (anni 1930)

Le note struggenti di questo blues, impregnate di solitudine e passione, raccontano un pellegrinaggio solitario lungo strade polverose. Robert Johnson, figura emblematica e quasi leggendaria, trasforma il dolore, l’abbandono e la ricerca disperata di una vita migliore in una suggestione fatta di poesia essenziale che si dipana a un ritmo incalzante e continua a ispirare generazioni.

Non, je ne regrette rien di Charles Dumont e Michel Vaucaire (1960)

Simbolo della rinascita personale e del rifiuto del passato, questa chanson francese, resa immortale dalla voce appassionata di Édith Piaf, diventa una potente dichiarazione di libertà e determinazione. La sua melodia si erge come un monumento alla volontà di andare avanti, senza rimpianti.

Blowin’ in the Wind di Bob Dylan (1963)

Tra le pagine della storia degli anni 1960, questo canto si fa portavoce di domande esistenziali e di un desiderio profondo di giustizia. Con parole semplici e al contempo cariche di significato, Dylan ci invita a riflettere sul senso della vita e sul prezzo della libertà.

Comme d’habitude di Claude François, Jacques Revaux e Gilles Thibaut (1967)

In questa dolce e malinconica melodia francese, l’abitudine e il declino di un amore si intrecciano con l’inevitabile passare del tempo. La sua raffinata composizione ha saputo poi ispirare reinterpretazioni – celebre quella statunitanse del 1969, intitolata My Way e interpretata da Frank Sinatra – che ne hanno esteso l’impatto universale, rendendola un’icona della resilienza emotiva.

Pata Pata di Miriam Makeba (1967)

Il ritmo travolgente di questa canzone africana celebra la gioia di vivere e l’unità di un continente. Miriam Makeba, con la sua voce vibrante, trasporta l’ascoltatore in un viaggio fatto di danze e tradizioni, invitando il mondo a condividere un momento di pura esuberanza.

Let It Be di Paul McCartney (1970)

Questa ballata, intrisa di serenità e speranza, si erge come un faro nei momenti di incertezza. Le parole di McCartney, nate da visioni di conforto e rassegnazione positiva, offrono un invito a lasciar fluire la vita, accettandone i contrasti con una calma quasi mistica.

No soy de aquí, ni soy de allá di Facundo Cabral (1970)

Con la sua poesia semplice e disarmante, Facundo Cabral ci racconta l’infinita ricerca di un’identità che trascende i confini geografici e culturali. È un inno alla libertà interiore, una riflessione esistenziale che abbraccia il mondo intero con il suo spirito errante e universale.

Perfect Day di Lou Reed (1978)

In un delicato equilibrio tra luce e ombra, questa canzone celebra la bellezza dei momenti quotidiani. Lou Reed, con la sua voce profonda e carica di sfumature esistenziali, dipinge un quadro in cui ogni istante diventa un’opera d’arte, capace di elevare anche la semplicità a sublime esperienza emotiva.

Hallelujah di Leonard Cohen (1984)

Infine, questo capolavoro lirico unisce il sacro al profano in un’armoniosa meditazione sulla vita e sull’amore. Le parole di Cohen, cariche di spiritualità e dolore terreno, trasformano la canzone in un preghiera laica e universale, un inno struggente che celebra la complessità dell’esistenza umana.

Canzoni. Ne abbiamo tante, nella memoria e ognuna ci ricorda momenti felici, dolorosi, irripetibili, che non ci abbandonano mai. È un percorso individuale che appartiene a un viaggio più complesso e antico, attraverso secoli e generi. Le dieci canzoni che ho scelto si sono rivelate nel mio animo come finestre sulla mia vita passata e, contemporaneamente, come testimoni di una lunga tradizione di libertà e bellezza, capaci di evocare emozioni profonde e di illuminare l’essenza più vera dell’essere umano. Ogni melodia è un invito a ricordare che, nonostante le gabbie materiali e spirituali,la parte più sentimentale e spirituale di noi trova sempre la sua via verso l’eterno e i valori primari. Le nostre canzoni sono la colonna sonora della nostra esistenza, accomunate da un filo conduttore profondo: il recupero di emozioni uniche e profonde, la voce della libertà che non smette mai di esprimersi nell’auditorium del cuore, il risveglio di passioni forse assopite, ma sempre ben presenti e vive. Le mie canzoni, pur appartenendo a tradizioni e contesti storici differenti – dal vibrante spirito messicano di Cielito lindo, al blues carico di energia umana di Robert Johnson, fino alla meditazione lirica di Hallelujah – sono inni che celebrano la forza dei giorni che scorrono come onde marine. Hanno accompagnato la mia storia personale e quella dell’epoca in cui vivo. Le affido a un’ideale “capsula del tempo” per raccontare un viaggio emozionante e sorprendente verso la realizzazione di un sogno che unisca, nella pace e nella comprensione del mondo meraviglioso che ci accoglie, l’intera comunità umana e la conduca a un’inesauribile libertà emotiva e spirituale.

Nella foto di Steed Gamero, Lou Reed

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