di Roberto Malini
Pesaro rischia seriamente di perdere una delle sue architetture più significative, perché non si rende conto di quale pregio architettonico possegga. Se l’attivismo culturale, oggi assai vivo in città, non riuscirà a fermare, attraverso i suoi appelli, un progetto già esecutivo, l’architettura monumentale settecentesca sarà trasformata in edilizia convenzionale. Si tratta del Complesso della Misericordia di via della Vetreria / via della Battaglia. Riassumo qui concetti che ho già espresso in ogni sede istituzionale, stavolta a beneficio di un amico che mi pone – pubblicamente, in una pagina Facebook – la domanda.
Giannandrea Lazzarini è stato uno dei massimi architetti del XVIII secolo ed ebbe una scuola di grande qualità, fra cui eccelse Tommaso Bicciaglia, autore di diversi palazzi a Pesaro. Il Lazzarini aveva una conoscenza profonda dell’architettura greco-romana, medievale, rinascimentale, seicentesca ed era fra i fautori del Neoclassicismo. Inoltre conosceva l’architettura dell’antico Egitto e dell’Anatolia.
Le sue opere e i suoi disegni ci mostrano come fosse capace di sintetizzare tutte quelle conoscenze in opere completamente nuove. Il suo genio ipotizzò, come si faceva nel Rinascimento, città ideali, come la Ravenna che appare nel dipinto Angelo che indica la via della fuga a Santa Illuminata (Massa Martana, Municipio). Nel 1749 scelse di tornare a Pesaro per dirigere l’Accademia e creare una scuola di artisti e architetti. Subito guidò i lavori architettonici e decorativi di Palazzo Olivieri-Machirelli (sede attuale del Conservatorio) da lui progettato due anni prima.
Negli anni successivi creò alcuni dei suoi capolavori pittorici e scrisse trattati sull’arte illuminanti. Il Lazzarini, cha già aveva fatto scuola a Roma, divenne un punto di riferimento per l’architettura e l’arte marchigiane e stimolò importanti committenze. Lo chiamavano “Il nuovo Raffaello” e nella sua bottega crebbero allievi importanti. Grazie anche al suo contributo, Pesaro seguì una vera e propria rinascita culturale ed economica. In città, guidati spesso dal Lazzarini con la sua scuola, furono aperti i cantieri dei più importanti palazzi settecenteschi che vediamo ancora oggi.
Il 1763 vide la decorazione, a Palazzo Olivieri-Machirelli, della Galleria degli uomini e donne illustri pesaresi e, insieme all’allievo Tommaso Bicciaglia la costruzione di palazzo Mazzolari, un progetto travagliato, con implicazioni giuridiche, ma un esito assolutamente felice. Canonico della cattedrale di Pesaro dal 1777, il Lazzarini proseguì l’attività pittorica e architettonica. Era coinsiderato uno dei maestri più importanti in ambito nazionale e internazionale. L’attribuzione che io stesso ho eseguito e trasmesso alla Soprintendenza, evitando insieme ad altri amici l’annientamento dell’Oratorio (che almeno sarà preservato), proviene dalla fonte più attendibile: lo studioso Domenico Bonamini (1737-1804), contemporaneo del Lazzarini, autore di una Cronaca della città di Pesaro in quattro tomi conservata presso la Biblioteca Oliveriana (Bop ms 966). Nel tomo quarto, a pag. 139 Bonamini scrive che la chiesa è “di disegno del nostro Lazzarini”.
Se l’Oratorio fu creato dal Lazzarini, anche il Conservatorio, voluto e finanziato dal conte e poeta Raimondo Santinelli (1697-1774), ebbe un autore illustre: l’architetto pesarese Tommaso Bicciaglia (1720-1804), allievo di Giannandrea Lazzarini e autore del progetto di Palazzo Giovannelli, della ristrutturazione di Palazzo Montani Antaldi, del progetto della Chiesa di Santa Maria delle Fabbrecce, a pochi chilometri da Pesaro. La sobrietà dell’intero complesso e le linee essenziali dell’Oratorio esprimono mirabilmente il classicismo di Giannandrea Lazzarini e della sua scuola, caratterizzato da sintesi delle linee e assoluto rigore formale. Per approfondire la conoscenza di questo splendido complesso architettonico si rimanda al bell’articolo di Stefania Francioni, “L’Oratorio della Misericordia detto delle ‘zoccolette’ (in “Pesaro città e contà”, 5, 1995).
Già a prima vista, la facciata dell’Oratorio del Lazzarini di Pesaro mostra elementi che suggeriscono l’intento del maestro di comunicare un senso di equilibrio, ordine e spiritualità, che richiama i principi dell’architettura classica e l’armonia propria di Raffaello. Il disegno essenziale della chiesa presenta una simmetria rigorosa, un principio fondamentale nell’architettura classica, che richiama l’idea di perfezione divina e armonia cosmica. La disposizione degli elementi (il portale centrale, le finestre cieche ai lati e il timpano) segue rapporti proporzionali precisi, derivati da moduli classici. La parte superiore della facciata è dominata da un timpano triangolare, un elemento classico dell’architettura greco-romana, ripreso in diverse epoche e spesso utilizzato per conferire monumentalità e solennità. Il Lazzarini lo propone ai minimi termini, per esprimere la trinità cristiana, senza orpelli.
La scelta di una facciata semplice ma solida riflette il desiderio di Lazzarini di mettere al centro lo spirito e non il fasto. La mancanza di decorazioni pone l’accento sull’interiorità, un concetto profondamente radicato nella spiritualità cattolica. Le finestre cieche sui lati del portale sono tutto meno che un espediente estetico: sono un simbolo del mistero e della trascendenza, con la luce fisica esclusa per richiamare la luce spirituale. La combinazione di mattoni e pietra rappresenta, come in altri progetti del maestro, la coesistenza tra l’umano e il divino, tra l’imperfezione terrena e l’aspirazione – attraverso il lavoro, il progresso spirituale – alla perfezione celeste.
Il Bicciaglia affermò, anche a nome del maestro, di essere orgoglioso di quel Complesso più che di ogni altra opera. Il perché è presto detto. Il Complesso della Misericordia raggiunge la sintesi assoluta del classicismo spirituale propugnato dal Lazzarini: tutto è disegnato nella pietra e nel cotto, rinunciando all’inserimento di elementi architettonici per raggiungere l’essenza della fede. Dal portale alla facciata, fino agli interni, ogni elemento riassume l’esperienza dell’architettura sacra e in particlare delle inuizioni raffaellesche.
Il maestro realizzò finalmente in architettura le idee che già aveva espresso in pittura: “Volendo taluni cercar il grande, hanno urtato nel grossolano o nel pesante; e volendo altri andar in traccia del gentile, hanno dato del minuto e meschino… E ciò che solo io saprei dirne è che non la grande struttura o la gran mole delle figure fa il carattere grande…”. I secoli successivi daranno ragione al Lazzarini e molti architetti cercheranno sintesi estreme nei progetti architettonici, tanto nell’architettura civile che sacra. Il primo modello, tuttavia, è a Pesaro ed è il Complesso della Misericordia, tracciato con proporzioni perfette nella sua essenza spirituale, con la pietra, il cotto e l’anima.
La foto (da me scattata) mostra l’Oratorio come è oggi; la ricostruzione in AI (che ho realizzato per questo articolo) evidenzia un ipotetico modello neoclassico da cui il Lazzarini volle tenersi ben lontano, privilegiando linee essenziali, finestre cieche, pura spiritualità e fede, non colonne né dettagli fastosi.