articolo e foto di Roberto Malini
L’esposizione di un nucleo significativo di sculture di Loreno Sguanci presso il Loggiato di Palazzo Ducale, a Pesaro, è l’occasione ideale per riflettere sul significato della scultura urbana e su come il suo linguaggio si rinnovi continuamente.
L’arte urbana non figurativa si ammira non solo per la sua forma, ma per il dialogo che instaura con il contesto che la circonda. Ogni opera emerge come parte di un ecosistema visivo, intrecciando la sua presenza con le strutture architettoniche, i colori e i materiali del luogo in cui è inserita.
Le relazioni con le persone diventano centrali: un’opera urbana vive grazie agli sguardi, ai gesti e ai percorsi dei passanti. È un linguaggio silenzioso che si adatta al ritmo della città, arricchendosi delle interpretazioni individuali di chi la osserva.
Le connessioni tra opere diverse nello stesso spazio amplificano l’esperienza estetica, creando narrazioni collettive e giochi di richiami visivi. L’armonia o il contrasto tra le creazioni influisce sulla percezione complessiva, offrendo sempre nuove chiavi di lettura.
La luce, naturale o artificiale, è un elemento vivo che trasforma l’opera. Di giorno, i riflessi delle superfici dialogano con il sole, mentre di notte le illuminazioni urbane aggiungono dinamismo, evocando nuovi significati e atmosfere.
Persino le ombre, proiettate dalle opere, diventano parte integrante dell’esperienza. Si allungano, si deformano e si fondono con l’ambiente, regalando alla creazione una dimensione temporale che muta con il trascorrere delle ore. Ammirare un’opera urbana significa osservare non solo ciò che è statico, ma anche il fluire del tempo intorno a essa.