L’evoluzione al contrario, la materia che freme e incombe sull’umanità, l’umanità che si disintegra in una forma di autodistruzione autocompiaciuta che ha il sorriso di una maschera. Rime, assonanze, consonanze, allitterazioni e dissonanze suggestivamente mixate nella ballata rappata e strappata di Roberto Marzano, una poesia che l’autore stesso definisce “disorientata e disorientante”. Da leggere a un ritmo indiavolato, senza lasciarsi il tempo di tirare il fiato fra un verso e l’altro. R.M.
Kafkiana
di Roberto Marzano
C’è da stare in campana
annusare le micce incuneate nei dossi
sbalorditi gli anfratti di pietra che frana
nelle curve sconnesse avvinghiate di ghiaia.
Lo sbadiglio del vento stantuffa
cataplasmi, fuliggine e fumo
e l’ambascia che strugge, spariglia le vene
storge schiene di suppliche vacue
mentre brucia semafori rossi
sotto i ponti piantati giù a forza
nel pantano che germina grida
che si spara o s’impiccano facce
pugni rauchi di fiele, conati d’inchiostro.
Nere spine stanate dai fianchi
subumani lamenti di bava
parafanghi di latta ammaccata
in orbitanti rotatorie kafkiane
claudicanti, stupidi svincoli
che non portano altro che indietro.