di Roberto Malini
Il 20 maggio 2018, nel corso del Festival HemingwayDays, si terrà presso la Biblioteca Brocchi e le Raccolte Frugone (dalle 17 alle 19) la lettura dei 49 racconti di Ernest Hemingway. Molte voci di interpreti si alterneranno. Io leggerò il racconto Gatto sotto la pioggia, pubblicato nel 1925 nell’antologia Our Time e successivamente nei 49 racconti. La trama si svolge in Liguria, a Rapallo, presso l’albergo Riviera. Un gatto è accoccolato sotto il tavolino verde di un bar, per ripararsi dalla pioggia, in una piazzetta su cui guarda una delle finestre dell’albergo. Di lì lo scorge una turista americana, che dice al marito: “Scendo a prenderlo”. La donna è intenerita da quella palla di pelo che si stringe in sé per non bagnarsi. Ne è folgorata e il felino diventa per lei oggetto di desiderio: “Voglio un gattino che stia accovacciato sulle mie gambe e faccia le fusa quando lo accarezzo”. Ma i gatti, i gatti di Hemingway, sono imprevedibili come i guizzi del destino: ora fanno ronron, domestici e adorabili, ma un momento dopo sono già sgaiattolati via, latitanti, indifferenti all’amore di chi li cerca. Misteriosi, insofferenti, iperattivi, rissaioli, avventurosi, egocentrici, sprezzanti del pericolo, i gatti di Hemingway sono ipostasi dell’animo dello scrittore, che ne possedeva più di cinquanta. La sua passione era iniziata con Biancaneve, una gatta bianca che gli aveva donato, come portafortuna, il capitano di un vascello in visita alla sua residenza, al numero 907 di Whitehead Street, Key West, Florida. Una bella casa in stile coloniale spagnolo in cui Hemingway visse con la seconda moglie Pauline Pfeffer e i figli Patrick e Gregory. Biancaneve non era una gatta comune. I suoi piedi anteriori, infatti, avevano ben sei dita. Una caratteristica, l’esadattilismo, che trasmise ad alcuni dei suoi gattini e che ben presto si estese a buona parte della comunità felina di casa Hemingway. Casa museo dedicata all’autore, la residenza di Key West ospita ancora oggi cinquantaquattro gatti, fra cui numerosi esadattili, discendenti di Biancaneve. Singolare rapporto, quello di Ernest con i suoi gatti, che accudiva amorevolmente e a volte nutriva personalmente, con bocconi di cibo che prelevava dal proprio piatto. Ne ammirava la dignità, lo spirito libero, la spregiudicatezza. Quando uno di loro moriva, veniva sepolto nel giardino di casa e il suo nome era inciso su una piccola lastra di pietra.
Sulla porta stava la cameriera. Reggeva faticosamente, tenendolo stretto a sé, un grosso gatto di maiolica. “Scusate,” disse, “il padrone mi ha chiesto di portare questo alla signora”.
Programma del Festival HemingwayDays:
http://www.hemingwaydays.it/programma.html
Disegno di Roberto Malini, “I gatti di Ernest” (2018)