di Roberto Malini
Genova, 5 ottobre 2017. Se dovessi scegliere una scultura come simbolo del XX secolo non avrei dubbi: è la “Statua della Pace” di Seibo. L’artista giapponese è nato il 16 dicembre 1884 a Minamiarima (oggi Minamishimabara), nella prefettura di Nagasaki, ed è morto a Tokyo il 4 marzo 1987. Il suo nome completo era Seibo Kitamura. La sua opera più celebre rappresenta senza retorica l’enormità degli eventi che hanno caratterizzato il secolo scorso, con i suoi dieci metri di altezza e la sua essenziale solennità, sospesa fra memoria e monito. L’artista, che aveva studiato all’Università delle Arti di Kyoto e alla Scuola delle Belle Arti di Tokyo, ha ottenuto la commissione dell’opera vincendo un concorso indetto dalle istituzioni locali nel 1955. Il concorso era rivolto a scultori professionisti, cui era chiesto un progetto per un monumento alle vittime della bomba atomica esplosa a Nagasaki il 9 agosto 1945, causando la morte di settantamila persone. L’opera di Seibo si innalza nel punto in cui è esploso l’ordigno americano. Raffigura un uomo che indica con la mano destra il punto in cui la bomba è apparsa in cielo, poco prima della deflagrazione. La mano sinistra è distesa, come ammonimento al mondo, che non ripeta mai più un simile orrore e scelga di proteggere la pace. Gli occhi del testimone sono chiusi, perché nel suo cuore sta ricordando i bambini, le donne e gli uomini uccisi dalla bomba. Una gamba è piegata nella posizione del loto, che è quella della meditazione. È un invito a riflettere ogni giorno sul valore della pace. L’altra gamba però è già pronta ad alzarsi in piedi, per intervenire con l’impegno civile non appena si profili un nuovo conflitto e qualcuno pensi ancora di compiere uno sterminio di persone innocenti. La Statua della Pace è maestosa ed emblematica. Personifica la necessità primaria di abbandonare l’odio e la violenza, perché l’umanità, unita, si incammini finalmente verso un’era di solidarietà e rispetto della vita.