di Steed Gamero
La cantante boliviana Luzmila Carpio è nata nel 1950 in una piccola comunità chiamata Qala Qala, un villaggio sulle Ande boliviane a 4000 metri sul livello del mare, situato nel dipartimento di Potosí. Come tante altre persone indigene, Luzmila ha conosciuto da vicino il significato della parola emarginazione, subendone la durezza e la disumanità. Tuttavia nelle sue canzoni non si percepisce amarezza, ma il desiderio di trasmettere il sentimento e i ricordi di chi è cresciuto in mezzo alla natura, nelle antiche valli dove sua madre le ha trasmesso i valori di antiche tradizioni, in una comunità dove si parla solo il quechua. Una delle cose che menziona spesso Luzmila nelle sue interviste è la cultura orale nella sua madrelingua, che è stata trasmessa da sua nonna a sua madre e da sua madre a lei e che l’hanno portata in modo naturale verso il canto. Luzmila ha sempre sentito che le canzoni in lingua quechua la conducevano ad aprire spontaneamente il suo cuore, perché considera il quechua una delle lingue più dolci che possano esistere: “Una vera armonia fra l’uomo e natura”. Il canto è la passione che l’ha accompagnata fin da bambina e un giorno la convinse a partecipare a un concorso indetto da una stazione radio di Oruro, dove insieme ad altri bambini venne invitata ad esprimere l’entusiasmo verso questa arte. Luzmila interpretò una melodia che ricorda ancora oggi e che aveva ascoltato cantare da sua madre, quando era bambina. Una canzone che si distingueva dalle melodie che sua madre cantava da giovane nel suo villaggio, in mezzo alle piantagioni. Un’aria che suggeriva di interpretare in quechua lo stesso canto degli uccelli che facevano il nido fra gli alberi e attraversavano il cielo. La passione per quel canto è passata di generazione in generazione. Luzmila, quando parla dei suoi canti in lingua quechua, afferma che si tratta di “una cultura orale che è sempre stata trasmessa dai nostri antenati: mia nonna cantava, mia madre cantava”. Luzmila ricorda ancora oggi che il giorno del concorso gli altri bambini non vollero avvicinarsi a lei e neanche il pianista che accompagnava le prove dei giovani concorrenti la trattò con amicizia. Dopo aver ascoltato la melodia in quechua di Luzmila, il musicista chiuse infatti il pianoforte, affermando che quella bambina gli aveva fatto perdere del tempo. Concluse suggerendole piuttosto di cantare in spagnolo, come gli altri bambini. Dopo quel triste episodio tuttavia Luzmila non si demoralizzò ed ebbe una seconda opportunità di esibirsi al microfono di un’altra stazione radiofonica. In quell’occasione conobbe Ricardo Cortez y Cortez dell’Università di Oruro. Un compositore non vedente che ascoltò la giovanissima interprete eseguire timidamente l’inno nazionale della Bolivia, unica composizione in spagnolo che conosceva in quel periodo. Su invito del compositore, Luzmila cantò una seconda melodia, questa volta nella sua madrelingua. In quel fortunato incontro Luzmila poté cantare nuovamente e senza timore di critiche la sua toccante canzone quechua, la stessa che era stata così poco apprezzata al precedente concorso canoro. Luzmila fin da bambina ha tracciato il suo cammino con il canto. Ricardo Cortez y Cortez ebbe fiducia nel suo talento e iniziò a seguirla nei sui primi passi nella musica, insegnandole a cantare anche in spagnolo. Nel 1970 vinse un concorso e ottenne un contratto presso una casa discografica. Oggi Luzmila Carpio non è conosciuta soltanto a livello nazionale, ma anche nel mondo: Spagna, Nuova Zelanda, Regno Unito, Australia, sono solo alcune delle nazioni dove ha tenuto i suoi concerti. È considerata la “Voz de los Andes” (“La Voce delle Ande”) ed è una delle cantanti indigene latinoamericane più importanti degli ultimi tempi. Dal 1979 è residente in Francia, dove dal 2006 fino al 2010 è stata anche ambasciatrice della Bolivia. È tuttora autrice e compositrice; nei suoi concerti canta accompagnata dal suo charango. Le sue canzoni parlano del suo amore verso la Madre Terra (p. e. Pachamata Jampiykusun), con un messaggio che i suoi ammiratori definiscono “ambientalista”, ma che per lei è la voce stessa del mondo naturale che ha fatto da culla alla civiltà. Nei sui versi omaggia anche gli animali, soprattutto gli uccelli della sua comunità andina che le hanno sempre trasmesso con i loro cinguettii “messaggi di affetto” (p. e. Uywakunaq Kawsaysin). Ancora oggi Luzmila si sente sospinta da quella scommessa che fece con se stessa, la sfida pacifica di lasciare una testimonianza della donna quechua. Fra le sue canzoni è particolarmente amata dal pubblico Ama Sua, Ama Llulla, Ama Qhella. Parole quechua che molti abitanti dei paesi vicini alla Bolivia, di madrelingua spagnola, possono ricordare facilmente, poiché in parte simili vengono insegnate nelle scuole elementari, durante i corsi di storia: Ama Sua, Ama Llulla, Ama Quella. Sei parole che un giorno destarono la mia curiosità e mi avvicinarono al canto di questa meravigliosa autrice e interprete boliviana.