Una canzone di vita, coraggio, sofferenza e riscatto. Una canzone cruda come “The End” dei Doors o “Caroline Says” di Lou Reed. O come certi versi di Ginsberg, di Ferlinghetti. Una poesia di Skylar, attraverso le strade ai margini delle grandi città africane, dove le autorità braccano bambini perduti e i giovani vedono orizzonti che hanno il colore scuro del sangue e del crepuscolo. Un viaggio iniziatico attraverso labirinti mentali e dedali di strade notturne, foreste chimiche e montagne sacre da salire ignorando le seduzioni del mondo, forse perdendo lungo il cammino la propria forma materiale, fino ad ascendere verso nuovi cieli, sulle ali della libertà. R.M.
Vola via con me
di Skylar – trad. dall’inglese di Roberto Malini
Fuori dalla mia età dai miei confini
Sulle dita dei piedi in ginocchio
In alto su di me sotto le mie scarpe
L’apparenza che io stessa ho creato.
L’onesta verità e le nude bugie
Le colline rimosse e i monti presidiati
Il bel viso e la mente solitaria
L’essere fetido di un pomodoro marcio.
Devo evangelizzare od ossigenare?
Devo morire o vivere per dispetto?
Ho le mie ossa od ho perso la coda?
Le mie labbra ingiallite i miei denti anneriti!
Il cervello ferito il naso rintronato
Gli occhi intorpiditi la pelle accecata
Non sento non affronto mi nascondo
Vivere o arrendersi no non lo so più.
Generazione geneticamente depressa
Finti sorrisi dietro la sofferenza
Finti abbracci dietro le ferite
Finte verità dietro maleodoranti bugie.
Non spacciatori ma consumatori entusiasti
Fumo è il mio amante alcol il mio amore
Gioventù disperata vive per questo ora:
Quale futuro avrò se non esisto?
Cara me stessa sogno o sono sola?
Farla finita è un farmaco o una soluzione?
Mi ama ancora la Terra e ha bisogno di me?
Cara me stessa scusami non ti farò più male.
Non morirò desidero esistere estasiarmi
Voglio volare fino a raggiungere le aquile
Sei stata nel mio sacro pianeta? Ci sei stata?
Allora vieni abbracciami e vola via con me.
Nelle foto, un dipinto cinese e uno giapponese del XIX secolo