L’arte al tempo dell’Olocausto: se ne parla a Cerro al Lambro

di Comune di Cerro al Lambro

Per la Settimana della memoria il Comune di Cerro al Lambro dedica un’iniziativa all’arte dell’Olocausto, ricordando gli artisti perseguitati dal nazifascismo e l’importanza del lavoro di recupero dei loro dipinti, disegni, incisioni e sculture.

Numerosi artisti furono coinvolti nell’Olocausto perché ebrei o in conseguenza delle loro idee politiche: l’arte stessa divenne terreno di scontro, facendosi il nazismo promotore di un proprio stile distintivo che bollava come “arte degenerata” l’espressionismo, l’astrattismo e ogni altra tendenza artistica anticonformista.

Anche nei ghetti, nei campi di concentramento, negli accampamenti dei partigiani e nei campi dei rifugiati, l’arte fu un modo per esprimere i contrastanti sentimenti di dolore e sgomento ma anche di speranza per il futuro, uno strumento per tramandare alle generazioni successive gli orrori dell’Olocausto e delle persecuzioni razziali e politiche messe in atto dalla Germania nazista e dai suoi alleati tra il 1933 e il 1945.

Una tra le prime e più note opere d’arte che denunciarono le persecuzioni razziali antisemite fu dipinta da Marc Chagall nel 1938: la Crocifissione bianca può essere considerata il primo manifesto “visuale” contro l’antisemitismo, nel quale la passione per il destino degli ebrei veniva associata alla passione di Gesù: di origine ebraica, il pittore realizzo il quadro un anno prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale e in quest’opera, quasi profetica, anticiperà come in un sorta di Apocalisse la tragedia del genocidio del popolo d’Israele che si compirà qualche anno dopo.

Nei ghetti e nei campi d’internamento molti artisti continuarono la loro attività, principalmente con dei bozzetti, consapevoli che i loro lavori avrebbero costituito una testimonianza di quanto era accaduto in quei luoghi: le loro opere, spesso lasciate in nascondigli di fortuna, rappresentarono la memoria della vita quotidiana dei deportati, diventando anche un atto d’accusa per l’opinione pubblica. Fu solo dopo la liberazione che alcuni di loro, sopravvissuti all’internamento, tramutarono i disegni in vere e proprie opere d’arte.

Il pittore David Olère mi, prigioniero ad Auschwitz, tra il 1943 e il 1945 disegnò dal campo di concentramento alcuni bozzetti – che solo anni più tardi diventarono opere veri e propri quadri – in cui erano raffigurate le condizioni dei prigionieri nei lager.
La pittrice Edith Birkin, deportata nel 1941 nel Ghetto di Lodz e in seguito ad Auschwitz, raffigurò nelle sue opere tutto l’orrore del ghetto, del campo e della marcia della morte cui prese parte prima della sua liberazione.

Curiosa è la storia di Roberto Malini, poeta, scrittore e artista nato nel 1959, fra i primi collezionisti italiani dell’arte dell’Olocausto: ha donato al Museo Internazionale della Shoah di Roma e alla Cittadella della Musica Concentrazionaria di Barletta due importanti collezioni di opere d’arte di sua proprietà, realizzate da artisti ebrei scomparsi nei campi di sterminio o sopravvissuti all’Olocausto, da lui recuperate in tutto il mondo; la sua storia è citata nel libro Operazione salvataggio di Salvatore Giannella (Edizioni Chiarelettere), nel quale, oltre alla storia di Malini, sono raccontate tante vicende di persone comuni che contribuirono a salvare parte del grande patrimonio artistico sottratto dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Infine, per chi volesse approfondire il tema delle opere d’arte trafugate durante la Seconda guerra mondiale, consigliamo la visione del film The Monuments Men, diretto e interpretato da George Clooney: basato su una storia vera, racconta a le vicende di un gruppo di soldati americani – tra i quali vi sono studiosi, esperti di arte, architetti e curatori di musei – che vengono incaricati di recuperare le opere d’arte appartenenti a musei, collezionisti ma anche a semplici famiglie ebree che vennero saccheggiate durante l’invasione nazista.

Nella foto, la Crocifissione bianca, opera litografica che l’artista ebreo dedicò alla Memoria della Shoah (una copia si trova al Museo Yad Vashem di Gerusalemme e altre due – donate da Roberto Malini – rispettivamente al Museo Nazionale della Shoah di Roma e alla Cittadella della Musica Concentrazionaria di Barletta, presso il Thesaurus memoriae); copertina del libro di Salvatore Giannella Operazione salvataggio

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