Le emozioni sono la terra viva in cui germoglia, cresce e fiorisce l’ispirazione letteraria. “Per giudicare un uomo bisogna almeno conoscere il segreto del suo pensiero, delle sue sventure, delle sue emozioni,” scrisse Honoré De Balzac. Per l’iniziativa “Scuola e letteratura”, ideata da Daniela Malini, una poesia in prosa il cui tema dominante è il disagio intimo che una persona giovane prova in questo interminabile periodo di pandemia. Marta Zunino è una studentessa del II anno del Liceo delle Scienze Umane Piero Gobetti di Genova. Ama scrivere ed è particolarmente attenta alla comprensione delle dinamiche presenti nel mondo interiore, la sede delle emozioni che in questi due anni di pandemia ha subito gli attacchi di un nemico invisibile e potentissimo.
Come glielo dico?
di Marta Zunino, II Liceo Scienze Umane Piero Gobetti di Genova
Come glielo dico che qui le cose non sono più le stesse, che qui le persone sono solo volti a metà, come glielo dico che io non sono più la stessa?
Come posso esprimere il dolore che questa situazione mi provoca, come faccio a far capire che la notte non penso a nulla eccetto a quando stavo bene?
Le giornate passano e i ricordi si annullano, le persone restano, ma io no.
Come glielo dico che la tristezza mi pervade in ogni momento, che il mio riflesso nello specchio è del tutto estraneo, che io ogni giorno scompaio un po’ di più?
Come glielo dico che in una tempesta non sentirei neanche un soffio?
Come glielo dico che in realtà non mi riconosco più? Io che pensavo di conoscermi così tanto, in realtà non so più nulla di me stessa.
Io che stavo sempre al sole, ora ho chiuso le tapparelle della mia camera.
Io che parlavo ad ogni passante, ora non rivolgo più uno sguardo a nessuno.
Come glielo dico che non mi basto più?
Che tutti i sogni che ho sempre voluto realizzare ora non servono più a niente.
Come spiego che tutte le persone che c’erano per me erano solo di passaggio?
Perché ogni parola diventa silenzio, perché ogni pensiero diventa preoccupazione, perché io non resto me stessa, ma divento solo un corpo?
Dove sono finite le emozioni che tanto giacevano nella mia testa, dove è finita la mia spensieratezza, dove sono finita io?
Come glielo spiego il frastuono nella mia testa, le ammaccature sul mio corpo, i graffi sulla mia pelle?
Come spiego la mia “tristezza” senza essere banale?
Come glielo dico che i miei occhi non guardano più, che la mia lingua non parla più, che io non esisto più?
Come glielo spiego che in mezzo a una folla di conoscenti non riconoscerei nessuno?
Come glielo spiego che mi manco?
Che la “me” che hanno conosciuto non so dove sia, forse intrappolata in un capitolo di un libro, pronta a ritornare, oppure destinata a rimanere lì.
Dipinto di Pablo Picasso, Donna accovacciata (1902-1903)