Al confine con l’inferno

di Roberto Malini

Stiamo aiutando numerose madri con bambini a raggiungere l’Italia e altri stati dell’Ue dove essere accolte. Quasi sempre i loro mariti, compagni, fratelli adulti sono rimasti in Ucraina a combattere anche quando avrebbero potuto passare il confine. Se i profughi volessero sfondare, alla frontiera, e porsi in salvo, sarebbe loro molto facile. Invece le persone valide accompagnano i più deboli, in ordine, per poi tornare a imbracciare le armi e contrastare gli invasori. Vi sono anche persone al di sopra dei 60 anni che sono rimaste a combattere. Nessuno si sente obbligato – almeno, non nelle famiglie da cui abbiamo ricevuto notizie – e ognuno vuol dare il suo contributo alla resistenza. Perché? Perché sono patrioti. Partigiani che lottano, in un caos di sangue e distruzione, per non perdere la loro terra. Niente è controllabile né sicuro, al momento attuale, in Ucraina, dove si può morire in ogni istante. Il mio amico pittore, Ivan, famoso in tutto il mondo, è rimasto a Kiev e dà da mangiare ai passeri, ai merli e ai corvi ogni mattina. Non lascia la sua terra devastata dal fuoco e nelle lunghe, dolorose giornate aiuta come può la resistenza. Tante donne sono rimaste a combattere o aiutare i difensori della patria.

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