Negli anni 1980 moltissimi giovani italiani, soprattutto nella comunità LGBTQ+, ricopiavano a pennarello sui loro diari o citavano nelle lettere rivolte alle persone care una frase tratta dal romanzo Pao Pao di Vittorio Tondelli: «Ricordati che per il mondo non sei nessuno, ma per qualcuno sei più di un mondo». Era il mantra di una generazione di adolescenti che desideravano essere meno egocentrici, assolutisti, indifferenti dei loro genitori e dei loro nonni. E credevano di poter esercitare un ruolo positivo nel mondo, al di là delle ansie e delle delusioni a scuola e in famiglia. Alicia Ottaviani, studentessa del II anno del Liceo delle Scienze Umane Piero Gobetti di Genova, sembra riportare alla luce quegli ideali nel suo bellissimo messaggio ai coetanei: «Siamo così diversi, ma anche così simili… Non permettiamo a nessuno, neanche a un voto scolastico, di spegnere la nostra fiducia».
Lasceremo un segno nel mondo
di Alicia Ottaviani, II Liceo delle Scienze Umane Piero Gobetti di Genova
Ormai manca poco alla fine della scuola, ci chiedono di resistere e ogni giorno i prof fanno il conto alla rovescia. Ma perché quel loro contare all’indietro per noi non è così tranquillizzante? Siamo a maggio e le nostre convinzioni sulla scuola si stanno frantumando in mille pezzi: forse non abbiamo bisogno di tutto questo, perché nonostante qualcuno di noi non vada proprio tanto bene nelle varie materie, siamo comunque ragazze e ragazzi, esseri umani. Ho sempre ritenuto la scuola un posto sicuro, dove trovare persone con cui poter condividere le proprie idee, oppure semplicemente con cui confrontarsi, dove ci sono degli adulti esterni al contesto famigliare con cui parlare; ma appena arriva maggio il colore allegro delle pareti diventa grigio. Le giornate sono più calde e quando vorresti semplicemente uscire e andare al mare, ti ricordi di avere delle materie da recuperare. Credo che in questo periodo della nostra vita abbiamo conosciuto tutti quella che è diventata la nostra migliore amica, l’ansia. Quella sensazione di sapere tutto, ma poi davanti al prof scordarsi ogni cosa. Al liceo è cosí, o fai una bella impressione fin da subito e mostri di saper prendere un voto alto, oppure i prof penseranno che non studi e se fai qualcosa di giusto probabilmente hai copiato. Ci si basa troppo sulla prima impressione: siamo ragazzi, facciamo errori, a tutti capita di prendere un brutto voto, ma questo non vuol dire che faremo schifo nel resto dell’anno.
Non viviamo in una gara, dove chi prende il voto più alto vince un premio, non dobbiamo prendere quel numero troppo seriamente: la nostra vita, il nostro futuro non si baseranno su quel tre che abbiamo preso a febbraio, possiamo migliorare, quel numero che tanto ci fa male può cambiare. Ma come fa un numero a fare quell’effetto e perché ci preoccupiamo così tanto della media di una serie di numeri, che facciamo appena ci consegnano una verifica? Perché ci spaventa così tanto tutto questo e non ci preoccupiamo, invece, del nostro futuro? Vi dico io il perché. Ormai la società ci costringe ad avere delle etichette: c’è il secchione, colui che capisce tutto ma non si sente capito, però va bene a scuola; c’è lo sfaticato, colui che secondo tutti non fa nulla e non si applica, quando magari non sa ancora qual è il suo posto nel mondo e ci sono tante altre etichette che ci diamo da soli. Ma perché invece di darci delle definizioni non siamo semplicemente noi stessi, nelle nostre singolarità? Perché, in fondo, siamo così diversi, ma anche così simili. Nella nostra vita ci saranno due “amiche” che non ci abbandoneranno mai: l’ansia e l’autostima. Ormai si mettono delle etichette pure sull’autostima: se ne hai troppa, allora “te la tiri“ e se ne hai poca cerchi solo attenzioni. Autostima significa avere stima per noi stessi: chi la possiede ha un dono, il dono di credere in se stesso e in quello che fa e di non permettere mai a nessuno, neanche a un voto, di spegnere questa fiducia. Cara società, cara scuola e cara ansia, siamo ragazzi di età compresa tra i 14 e i 19 anni, gli anni migliori della nostra vita. Non preoccupiamoci se ci diranno che non diventeremo nessuno. Per qualcuno siamo già qualcosa e ognuno di noi lascerà sicuramente un segno nel mondo.
Dipinto di Marc Chagall, Passeggiata, 1918