di Roberto Malini
Le città sono vive e, nel tempo, subiscono tanti mutamenti. Tuttavia, esse non sono composte da soli cotto, malta, pietra, metallo e vetro. La materia più nobile e forse più importante delle città è il loro tessuto storico, architettonico, paesaggistico, artistico. Che è poi quello umano. Nell’aria delle città, come polline, aleggiano ricordi, vicende, esistenze di persone e popoli. In questi giorni ho ricevuto tante manifestazioni d’affetto da parte di cittadini pesaresi per l’intervento che ho compiuto, insieme agli altri componenti del Comitato “Pesaro città d’arte e cultura”, a difesa della “Ragnatela” di piazza del Popolo, che da quattrocento anni rappresenta un simbolo centrale della nostra città, dove la gente è passata, si è impegnata in quel difficile mestiere che è la vita e ha messo tutta se stessa nel progetto di un futuro sempre migliore. È stato faticoso, appellarsi a tutte le Istituzioni e recuperare una parte dell’opera pavimentale del geniale Nicolò Sabbatini. Ma ne è valsa la pena, perché, anche se non tutta, una parte della “Ragnatela” sarà ancora con noi. Non è stato annichilito, non completamente, quel disegno astratto, fatto di pietra bianca, su cui sono passate tante persone, nei secoli. Dopo la grande illusione, terminata con la morte di Federico Ubaldo appena diciottenne, senza un erede, sono passate le persone che non volevano Pesaro nelle mani dei legati pontifici; le persone che, accanto a importanti famiglie di filantropi e mecenati, accanto al grande Lazzarini, credevano nella rinascita della città e ne erano fautori; è passato Rossini e sono passati i grandi artisti che hanno posto le basi di “Pesaro Capitale Unesco della Musica; sono passati quelli che parteciparono attivamente al Risorgimento e gli amici del popolo, protagonisti delle lotte per i lavoratori e i diritti di tutti. Sono passati anche fascisti e aguzzini, a caccia di ebrei, rom e diversi, ma contemporaneamente – anche se pochi – i Giusti che hanno salvato vite umane. Si sono consumate ingiustizie anche in tempi recenti, di cui sono testimone: rabbia e odio, purtroppo, non svaniscono mai dalle comunità umane. Tuttavia, quella parte di Pesaro che crea e non distrugge, preserva e non sbriciola, protegge e non perseguita, ama e non odia è sempre pronta ad alzarsi e agire, quando il suo intervento diventa necessario. È la Pesaro che amo, quella Pesaro che mi ha spinto a vivere, lavorare e svolgere il mio impegno civile e umanitario da qui, dalla città che può essere davvero, al di là dei titoli formali, Capitale di Cultura e di Umanità.