Studenti e coronavirus: Giulia Alzapiedi, “Buio”

Giulia è una studentessa molto empatica e una grande osservatrice del mondo. Inoltre è una ragazza impegnata nella società e molto attenta a tutto ciò che in essa accade. È sempre informata sugli avvenimenti politici e sulle tematiche ambientali. Forse per lei questa quarantena è ancora più pesante, perché il contatto con l’esterno le è necessario. Ci ha inviato queste riflessioni, seguite da un forte apprezzamento per i suoi professori, che seppur in mezzo alle difficoltà di questa nuova didattica, per molti sconosciuta, riescono a donare ai ragazzi qualche minuto di serenità non limitandosi a svolgere una fredda lezione.

Buio

di Giulia Alzapiedi

Sono sola nella mia stanzetta, illuminata dalla luce fredda del monitor. Sento le voci familiari dei miei amici ma senza percepirne le emozioni. È freddo, non sento più il calore della vita umana attorno a me, solo morte, solo dolore. È così che viviamo tutti quanti questa quarantena, freddi, senza più sapere cosa significhi anche solo un abbraccio fraterno da una persona alla quale vogliamo bene. Cerchiamo appoggio nei familiari, nel poco che ci sta attorno,  nelle nostre piccole case, che una volta erano un rifugio e ora solo una trappola. La nostra visione del mondo che ci sta attorno ormai è cambiata, il nostro approccio stesso è mutato. Il nostro mondo ormai si è rimpicciolito alle quattro mura protette che ci stanno attorno, cercando un contatto esterno tramite i mezzi elettronici che mai come adesso sono fondamentali. Ciò che facciamo non è molto, possiamo solo guardare quelli che sono gli odierni “soldati” combattere uno scontro con un nemico invisibile ma che miete vittime e distrugge vite quanto una vera e propria guerra, dando il tutto e per tutto per salvare anche solo una vita e rischiando di rimetterci la loro stessa salute; guardiamo migliaia e migliaia di persone indifese, in particolare anziani e adulti morire da soli, senza poter ricevere nemmeno un caldo abbraccio da un familiare in un momento così difficile e, dall’altra parte, famiglie distrutte in un attimo. Ognuno di noi cerca di “partecipare” come può, con messaggi di sostegno o semplicemente cercando di recuperare tutto il tempo perso con i propri cari, che una volta non vedevamo. Sento il dolore lancinante nella testa di un figlio che perde una madre o un padre, sento i rimpianti di chi ha capito di non essersi mai vissuto ciò che poteva con chi ormai non c’è più.
Le persone cambiano, alcuni in meglio e altri in peggio, c’è chi si riprende in mano la propria vita e finalmente riassapora il piacere dell’amore della famiglia e chi invece si abbandona allo sconforto ed impazzisce. Di certo quest’esperienza segnerà tutti nel profondo e la porteremo con noi per sempre. I ragazzi vivono questa quarantena come una trappola, come perdere giorni di vita senza uno scopo, ma alla fine nessuno viola le regole, sia per la paura sia per l’amore che proviamo per i nostri cari,  volendoli preservare. Ci sentiamo soli, a volte un po’ vuoti. Cerchiamo consolazione nelle chiamate con gli amici, reinventando modi per passare il tempo, che alla fine per tutti sembra non passare mai.

Il progetto “Studenti e coronavirus”

L’esperienza di Daniela Malini, docente e scrittrice, in collegamento quotidiano con i suoi studenti, costretti all’isolamento e raggiunti da notizie e numeri drammatici relativi alla tragedia della pandemia, nonché bombardati da messaggi mediatici spesso contraddittori. “Questo progetto è nato in modo del tutto spontaneo, “ spiega l’insegnante, “durante le primissime lezioni in videoconferenza con le mie classi. Mentre ci si ritrovava, con una certa emozione da parte di tutti, dopo un periodo di sola comunicazione attraverso il registro elettronico e le email con cui i ragazzi mi inviavano i lavori svolti, gli studenti mi hanno proposto di raccontare le loro giornate di clausura e ansia. Tra un discorso e l’altro, qualcuno ha iniziato a mostrare a me e ai compagni un disegno, un fumetto, una scritta, un autoritratto. Ho notato che c’erano in tutti questi lavori elementi comuni, il senso di spaesamento dei ragazzi: occhi enormi persi nel vuoto, sguardi come ipnotizzati rivolti verso uno schermo, letti della cameretta che si trasformano in stanze disadorne di ospedale, oggetti che assumono un nuovo significato simbolico (l’Amuchina), eroi che indossano la mascherina… La proposta di esprimere il proprio vissuto e di condividerlo con gli altri ragazzi è stata subito accolta da alcuni studenti. Ho poi pensato che fosse importante far conoscere anche all’esterno quello che provano gli adolescenti, che per la prima volta nella loro vita si ritrovano in una situazione nuova ed estremamente pesante sul piano psicologico. Spesso con un certo carico di lavoro scolastico da svolgere tutti i giorni, on line. Il progetto “Studenti e coronavirus” presenta alcune opere realizzate dagli studenti e le idee che le hanno ispirate. E a proposito di idee, un ringraziamento speciale a Federica.

1 Comment

  1. Intanto congratulazioni a Giulia, hai fatto capire nel tuo scritto quanto la tua anima sia sensibile e quello che tu e immagino la maggior parte dei ragazzi provate in questo momento. Brava Brava e ancora Brava.
    Complimenti anche alla Professoressa e a tutti i docenti che hanno ideato questo progetto.

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