La condivisione come porta d’accesso al mondo (dell’altro) che ci arricchisce

Di Giuseppe Paci

Confesso che quando mi è stato chiesto di spendere alcune riflessioni su un tema di risaputa complessità come la “condivisione”, fra l’altro sullo sfondo di una conversazione telefonica dall’oggetto di per sé insospettabile (la poesia), sono rimasto sorpreso.

La curiosa faccenda potrebbe prendere una piega ancor più sorprendente, se si pensa che la richiesta è stata fatta con garbo delizioso da una persona conosciuta soltanto qualche minuto prima, e che di quella materia ne ha fatto una delle sue ragioni di vita.

I rinomati prodigi della comunicazione contemporanea, si potrebbe dire. Eppure, già l’elementare dinamica di questo episodio (quello del conversare telefonicamente), ci può dire tutto o quasi sul tema più che mai urgente e attuale della condivisione.

Una parola, “condivisione”, che ingloba nel suo vasto campo semantico una serie di gesti a loro volta espressione di valori universali dalle spiccate venature altruistiche e solidaristiche, ma che tuttavia faticano a trovare spazio nella disarmante ipertrofia di un narcisismo individuale e collettivo drogato, tra le altre cose, anche dagli strumenti di comunicazione di massa.

Un termine che è diventato con il tempo un mantra, uno slogan per tutte le stagioni dell’uomo e della vita, suscettibile di incrinarsi e mascherare opportunismi e obliqui interessi di parte.

In questa galleria alquanto succinta e parziale, non bisogna dimenticare, tuttavia, che la condivisione è un’espressione che nomina orizzonti di senso ricchissimi, spalanca prospettive di crescita personale inedite, e che perfino nello spazio brevissimo di una

chiamata telefonica può dischiudere nuovi e succosissimi scenari di dialogo e confronto; quel “polemos” che, come diceva Eraclito, è il padre di tutte le cose.

Un interrogativo potrebbe sorgere spontaneo: nell’epoca della paura per la diversità in tutte le sue più note manifestazioni, del trionfo di un vacuo egotismo che attraversa ogni aspetto della dimensione umana, qual è lo spazio effettivo riservato alla condivisione autentica? Nell’economia di queste brevi riflessioni, è davvero arduo offrire una risposta davvero esaustiva.

Nondimeno, se proprio si vuole tentare l’azzardo di una risposta, mi piacerebbe replicare alla maniera illuminante del poeta e predicatore inglese John Donne quando diceva: “Nessun uomo è un’isola, completo in sé stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l’Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità…”

Ebbene, la condivisione è una parola che implica, in ultima analisi, l’eroismo della volontà, il coraggio di accantonare ogni timore e pregiudizio per esplorare l’altro del quale, più o meno consapevolmente, ognuno fa parte.

Dipinto in IA e pittura digitale di R. Malini

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