È morto Thomas Gazit, Testimone della Shoah; gli si intitoli una via

di Roberto Malini

Si è spento a Novara il 25 ottobre scorso e riposa al cimitero ebraico di Vercelli; ha promosso fra i giovani la conoscenza della Shoah e la necessità di inseguire progetti di pace e uguaglianza; richiesta alle province di Novara e Vercelli l’intitolazione di una via o una piazza al sopravvissuto all’Olocausto 

Il 30 ottobre si è tenuta a Vercelli, presso il cimitero ebraico, la cerimonia funebre per Thomas Gazit, testimone della Shoah, educatore e attivista contro l’antisemitismo e tutte le forme di intolleranza, spentosi a Novara due giorni prima, all’età di novantun anni. Era nato a Budapest, con il nome di Tamas Fekete, il 25 ottobre 1932, dai genitori ebrei Arpad Fekete e Gizelle Weiss. Fin dalla prima infanzia Thomas conobbe gli effetti drammatici dell’antisemitismo e subì a partire dal 1939 l’isolamento e gli effetti persecutori delle leggi antisemite. Il bambino sapeva di far parte della più numerosa comunità ebraica europea, dopo lo sterminio di quelle dell’Unione sovietica e della Polonia. Il 19 marzo di quell’anno Hitler lanciò l’Operazione Margarethe, iniziando l’occupazione dell’Ungheria. In quel momento, si occupava del ragazzino Albert Geyer, avvocato, presidente dell’Associazione Sionista ungherese, che successivamente ne diventerà il padre adottivo. Grazie al Giusto fra le Nazioni Karl Lutz, Thomas trovò rifugio nella Casa di Vetro, a pochi passi dal parlamento. Mentre iniziavano le deportazioni verso i campi di morte, che dimezzeranno la comunità ebraica magiara, l’undicenne Thomas, nonostante il terrore quotidiano di essere arrestato e spedito ad Auschwitz, eviterà la deportazione e le esecuzioni sommarie da parte dei filonazisti ungheresi, le Croci frecciate. Era uno dei tremila ebrei che sopravvissero all’Olocausto, forniti di passaporti falsi, all’interno del palazzo dove aveva sede il dipartimento emigrazione dell’Ambasciata Svizzera a Budapest. Nel 1949 raggiunse clandestinamente Israele, attraverso la Cecoslovacchia, perché non era più possibile lasciare l’Ungheria, ormai sotto il controllo sovietico. Si arruolò nell’esercito israeliano, dove prese parte ai primi conflitti con i vicini arabi. Conseguì la laurea in ingegneria e prestò servizio sulle navi, in qualità di ingegnere per i sistemi di rilevazione radar e missilistici. Nel 1969 sposò Margita “Margalit” Schwarz, anche lei rifugiata in Israele dopo essere sopravvissuta alla Shoah. Congedato, iniziò a lavorare per una multinazionale con sedi in tutto il mondo, tra cui in Italia. Si stabilì a Novara verso la metà degli anni 1970. Successivamente fondò un’azienda di elettronica di precisione, la G-Tronic, che operò fino agli inizi del 2000. Thomas Gazit ha portato la sua testimonianza nelle scuole e ovunque fosse richiesta. Rivestendo il ruolo di vice presidente dell’Associazione Italia-Israele di Vercelli, Novara e Casale Monferrato, ha organizzato importanti eventi legati alla storia e alla cultura dello Stato di Israele e alla Memoria della Shoah. Nel 2011 è stato fra gli ispiratori del movimento di opinione internazionale che ha condotto alla liberazione del caporale Gilad Shalit, soldato israeliano catturato dai terroristi di Hamas nel 2006. È anche memorabile la sua azione a difesa del ricordo dei Giusti fra le Nazioni Giovanni Palatucci e Oskar Schindler, al centro di una campagna di discredito di cui, insieme ad altri attivisti, ha dimostrato l’infondatezza. Fino all’ultimo giorno della sua vita, Thomas ha ispirato le nuove generazioni a difendere la Memoria della Shoah e a promuovere tolleranza e pace. Per me è stato un maestro, un amico, un consigliere illuminato e nella mia opera di difensore dei diritti umani ed educatore alla Memoria resterà sempre un luminoso punto di riferimento. Insieme ad altri storici e attivisti per la Memoria dell’Olocausto, ho chiesto ai comuni di Novara e Vercelli di dedicare una via, una piazza, un giardino pubblico, un istituto scolastico o un altro luogo simbolico a Thomas Gazit, sopravvissuto alla Shoah che ha avuto una significativa influenza di civiltà sulla cittadinanza e sulle istituzioni delle due province piemontesi.

Nelle foto di Steed Gamero (Milano/Vercelli), Thomas presso il campo rom di via Idro, a Milano, con me e l’artista-attivista Rebecca Covaciu (2012); Thomas e io discutiamo di un progetto per la Memoria (2012); un ritratto di Thomas Gazit (2018); il testimone in mia compagnia a Vercelli e, sempre nel capoluogo piemontese, presso il Giardino dei Giusti (2018)

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