Roberto Malini, “Ponte Morandi”

Il 14 agosto 2018, poco prima di mezzogiorno, è crollata una sezione lunga circa duecento metri del viadotto Polcevera, noto come ponte Morandi, sull’autostrada A10 a Genova. Le vittime della tragedia sono state quarantatré. La poesia “Ponte Morandi”, che testimonia il dolore della catastrofe, denuncia anche l’evidente gravità degli errori e delle responsabilità umane.

 
Ponte Morandi
 
di Roberto Malini
 
Il ponte temerario
si è spezzato.

Nella morte è caduto,
scheletro inesorabile
che incombeva sulla valle.

Della sua alienazione
restano due tronconi,
trampolini fatali
in bilico sull’incubo.

Piove nel greto asciutto
del torrente.

Dal calcestruzzo
escono come spine
tondini di ferro arrugginito,
affiorano lamiere
schiacciate come pugni
e valigie piene di sogni
cancellati.

Un camion verde e blu
testimonia come la vita
sia fragile e forte,
la vita che in conchiglie d’acciaio,
bagnata di sangue,
ancora respira.

Sulla scena e tutt’intorno
sopraggiungono uomini
con elmi e guanti,
cesoie e martinetti,
pinze e maschere a becco,
raffiche di parole
che sollevano polvere.

Il motore del camion, acceso,
produce una nenia.

La verità è che i ponti
sono le nostre mani.

Genova, 15 agosto 2018

1 Comment

  1. I ponti sono anche in queste metafore forti dure e delicate al tempo stesso. Materia dura e tagliente che ad un tratto si gretola…così i nostri corpi così le nostre anime in questo giorno di lutto..
    E il Poeta, e la Sua Poesia ci provano sempre, ci provano anche oggi a riscattare il tempo, a riscattare la morte.

    Ci provano a dare speranze di ponti fatti di parole, non vuote, non false, non retoriche : parole in cui entra d’ un tratto il mistero del fragile esistere, l’ansia insopprimibile d’ un senso.

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