Scuola. L’arte ci risponde. Greta Macripodari, “Una giornata senza inizio né fine”

Greta Macripodari, 14 anni, studentessa di prima presso il Liceo delle Scienze Umane Piero Gobetti di Genova, sceglie Salvador Dalí e il suo capolavoro La persistenza della memoria. La riflessione di Greta pone in evidenza una stretta relazione tra benessere psicologico e percezione del tempo.

Mai come in questo periodo, che i ragazzi stanno attraversando costretti tra le mura di casa a causa della pandemia, i problemi tipici della fase adolescenziale, che spesso vedono nel ritiro sociale un tentativo di soluzione alle pressioni del mondo esterno, si mescolano ai nuovi problemi legati al Covid in una sovrapposizione di tensioni che per alcuni diventa un peso difficilmente sopportabile.

Gli studenti del Liceo delle Scienze Umane Piero Gobetti di Genova, coordinati dalla docente e scrittrice Daniela Malini, stanno vivendo una nuova esperienza educativa e culturale, in questo periodo di pandemia e insicurezza sociale. Il tema dell’iniziativa è “L’arte risponde”.

“Siamo partiti dall’osservazione di alcune famose opere d’arte,” spiega Daniela Malini. “I ragazzi si esprimono attraverso una riflessione, un monologo, un commento. Possono descrivere anche il particolare dell’opera scelta, far parlare un fiore. I sentimenti prodotti dalla pandemia che ci circonda e la situazione di isolamento emergono da soli, perché sono ben presenti nella coscienza dei ragazzi. E l’arte, interrogata da ciascuno di loro, come un test proiettivo dai contenuti universali, offre risposte da luoghi che sono quasi sempre meno ansiogeni della nostra attualità”.

Una giornata senza inizio né fine

di Greta Macripodari, 14 anni

Opera scelta: La persistenza della memoria di Salvador Dalí

Odio sentire il tempo scorrere così lentamente, mi sembra di essere in un limbo dentro al quale non riesco a capire più niente. Di solito perdo anche la cognizione del tempo, i giorni sembrano non esistere: mi sembra di vivere sempre in un’unica giornata, senza un inizio o una fine. Le dormite sono le uniche cose che durano poco, e non dovrei parlarne nemmeno, come se fosse un qualcosa di normale, eppure mi fanno capire che il tempo in realtà non si è fermato, e sono contento così. Chissà come mai, tutto questo. Potrebbe essere colpa della mia vita anche fin troppo monotona, che inizia e finisce ogni giorno allo stesso modo. Ogni tanto, durante le ore in cui i miei occhi sono aperti e la mia mente ben accesa come una lampadina, anche se forse poco lucida dal sonno, riesco ad alternare le mie abitudini. Giorni in cui rimango steso su un letto dalla mattina alla sera, e altri invece, quelli meno frequenti, in cui inizio a correre per il mio paese, forse per sentirmi vivo, forse per provare qualcosa. Niente mi fa sembrare che il tempo scorra, è solo una lotta contro di lui, e forse io non ne sarò il vincitore. Cosa dovrei fare per riprendere in mano la mia vita e non lasciarmi mangiare dalle ore? Ore sprecate, durante le quali potrei divertirmi e trovarmi degli amici. Non immagino quanto sarebbe noioso essere amico di un ragazzo che non esce mai di casa perché troppo impegnato a mangiare patatine disteso su un divano mentre si pone milioni di domande esistenziali, che spesso e volentieri non ricevono nemmeno una risposta concreta, ma restano in un angolo vuoto della sua mente in attesa di essere dimenticate per non dargli fastidio. Ecco, in poche parole tutto questo sono io.

Mi dispiace essere così, non era ciò che mi aspettavo una volta terminati gli studi. Avevo progetti, tanti, incredibili. Esatto, proprio incredibili. Sono stato uno sciocco a pensare che tutto quello che avevo organizzato si sarebbe avverato. A scuola avevo l’adrenalina necessaria per impegnarmi, avevo la voglia, ed una volta finiti quei cinque anni, tutta questa energia si tramutò in una noia mortale che da mesi e mesi mi abbraccia. Ha una presa così possente, non riesco a togliermela di dosso, probabilmente è una figura molto più grossa di me, e chissà per quale assurdo motivo si è affezionata così tanto al sottoscritto. Stavo pensando anche di darle un nome, ma è finito tutto come uno di quei pensieri precedentemente citati finiti nel dimenticatoio: un cestino davvero grazioso posto in un angolo della mia testa, che non disturba affatto. Ogni tanto si riempie troppo, ma l’importante è svuotarlo, se ci si riesce.
Oggi ho fatto colazione, e ho deciso che il letto mi sarebbe stato amico per una buona manciata di ore, infatti non mi sono ancora alzato, se non per andare in bagno. E posso giurare di vedere dalle fessure delle mie tapparelle ancora tirate giù, il cielo chiaramente più scuro rispetto a com’era quando mi son svegliato. Quante ore saranno passate? Dieci? No, impossibile, avrei le gambe tutte intorpidite. Soltanto tre? Come diavolo è possibile? Ma a che ora mi sono svegliato? Non importa, sono scusato, sono andato a letto tardi e avevo bisogno di recuperare. E di conseguenza questa notte sarà lo stesso, perché ora mi sento più sveglio che mai; soltanto svogliato per potermi godere la giornata come vorrei fare da almeno un mese. Ma, parlando sinceramente, chi lo guarda più l’orologio? Chi si interessa più all’ora del giorno? Di certo non io, per me non ha più importanza sapere se sia giorno o notte, perché intanto l’uno e l’altro me li vivo sempre allo stesso modo. “Preferisci il giorno o la notte?” chiedono ogni tanto, ma chi li distingue più ormai. Non ho un lavoro che mi obbliga a rispettare certi orari, non ho più la scuola che mi obbliga a mettere la sveglia alle sei del mattino, non ho impegni importanti o date di scadenza, quelle sono solo nel cibo; ah beh, come se rispettassi quelle. Giorni fa mi è scaduto un pacco di carne, un pacco di carne già pronta solo da mettere a scaldare su una padella, senza che nemmeno me ne accorgessi. In verità, nemmeno mi ero ricordato di averla, e non ricordo il giorno in cui l’ho comprata. Non faccio la spesa da tantissimo tempo, di solito ordino qualcosa da farmi portare a casa. Ci mettono sempre così tanto ad arrivare i miei ordini, o forse è solo questione di minuti che non riesco a contare bene. Posso raccontare di quella volta in cui mi chiamarono alle diciassette (ed ora che ci penso non ricordo nemmeno più chi mi chiamò) ed io sono andato in panico perché pensavo fosse mezzanotte e mi chiedevo “ma chi è che chiama ME a mezzanotte?”. Ho pensato anche fosse successo qualcosa di grave alla mia famiglia, che per loro fortuna non abita con questo orologio malfunzionante che sono io. Ma quella fu una delle tante paranoie che questi maledetti orari confusi mi portano ad avere.
Ma io sto bene così o no? A me non sembra, ma non riesco nemmeno a capire il mio stato d’animo per quanto sono impegnato a concentrarmi su altre domande. Per esempio, secondo voi tutte le testimonianze sulle persone che ricordano la loro vecchia vita, sono vere? Voglio dire, non ho niente di meglio a cui pensare, perché non concentrarmi su argomenti inutili che per me non avranno mai una tale importanza da dover PER FORZA occupare la mia mente! Sono stanco di vivermi la vita così, però. Voglio cambiare, per l’amor di Dio, mi devo impegnare. Posso mai buttare i miei pochi anni di vita in questa maniera? Nella vita non mi sono impegnato di certo per ridurmi ad uno straccetto, non ho faticato per niente. Per favore, me stesso, datti la forza necessaria per reagire. Puoi farcela. O forse no. Che ore sono?

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